Il primo italiano a parlare di paesaggio come di un bene da tutelare a livello normativo è stato Benedetto Croce. La sua legge sulle “bellezze naturali” e gli “immobili di particolare interesse storico’”, che segnò un vero e proprio spartiacque nella legislazione ambientale del nostro Paese, ha compiuto cento anni e la Fondazione Benedetto Croce, insieme all’Accademia nazionale dei Lincei, ha voluto celebrare questo anniversario con una cerimonia al Senato, alla presenza del presidente Mattarella.
Una battaglia attualissima e lungimirante contro il consumo del suolo
Croce presentò il Disegno di legge, che prese il nome da lui, in Senato il 25 settembre 1920 in qualità di ministro della Pubblica Istruzione durante il quinto governo Giolitti (1920-1921), ma fu approvata solo nel 1922. Nella Relazione introduttiva sottolineava la necessità di una norma che ponesse “finalmente, un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo“, al fine di “difendere e mettere in valore, nella più larga misura possibile, le maggiori bellezze d’Italia, quelle naturali e quelle artistiche”, per “alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia”.
Il nostro paesaggio è anche storia
Secondo il grande filosofo e critico letterario il paesaggio era parte integrante dell’identità nazionale, poiché “altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari (…), con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. Gli stessi principi che hanno ispirato la recentissima riforma dell’articolo 9 della Costituzione, la prima al mondo a porre la tutela tra i fondamenti costituzionali dello Stato e che recita al comma 2: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.