Per definire il grado di impoverimento del nostro Paese, il Rapporto “L’anello debole” della Caritas prende in esame i dati statistici ufficiali ma anche la propria esperienza sul campo che passa per i 2.800 Centri di Ascolto sparsi su tutto il territorio nazionale. Tutto sembra confermare che nel 2021, anno successivo allo scoppio della pandemia, la povertà assoluta ha raggiunto i suoi massimi storici e che anche quest’anno la situazione non sembra migliorare. L’anno scorso le famiglie in povertà assoluta sono risultate 1 milione 960 mila, pari a 5.571.000 persone, il 9,4% della popolazione residente. I Centri Caritas “solo nel 2021 hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7 % delle persone che hanno chiesto aiuto – ha dichiarato monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente della Caritas Italiana -. Anche nel 2022 i dati raccolti fino ad oggi confermano questa tendenza”.
Non si tratta solo di nuovi poveri, ha spiegato monsignore, ma di persone che entrano ed escono dallo stato di bisogno giacché il 13% sono “lavoratori poveri”, il 23,6% di quelli che si rivolgono alla Caritas, vuoi perché il lavoro è saltuario, vuoi perché è sottopagato vuoi perché pagato al di sotto della preparazione professionale. “È necessario dunque impegnarsi sempre di più, in una logica condivisa e di rete, per restituire al lavoro dignità”, ha commentato Redaelli, che in occasione della presentazione del Rapporto ha voluto ricordare anche le parole di Papa Francesco: “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche”, rivolgendosi al nuovo Governo che si sta formando.
Tra i dati più preoccupanti ci sono quelli relativi all’aumento dei NEET (i giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano, né lavorano né ricevono una formazione) che hanno raggiunto i 3 milioni, pari al 25,1% del totale dei poveri. Un segno di resa che forse affonda le radici anche nel fatto che nel nostro Paese occorrono ben 5 generazioni perché una persona che nasce in una famiglia molto povera possa raggiungere un livello di reddito medio contro, ad esempio, il nord Europa in cui ne bastano 2. Altro dato allarmante è i livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali all’età, colpendo maggiormente i più piccoli. La percentuale di poveri assoluti si attesta, infatti, al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto la media nazionale).
Secondo il presidente della Caritas italiana andrebbero rivisti gli strumenti fin qui in essere di guida economica, “tenendo conto del quadro pesante dei prossimi mesi e delle risorse limitate” e occorre trovare “modalità per ‘tenere a galla’ chi rischia di affondare e poi anche per aiutarlo a imparare a nuotare e comunque a raggiungere una sponda sicura”. L’economia deve essere strumentale, al servizio dell’uomo: “Se è finalizzata alla pienezza della dignità umana deve sottostare a regole che non sono solo quelle del mercato; e l’armonizzazione non è solo lo stare assieme di entità e poteri autonomi ma anche il loro concorrere ad un fine condiviso e garantito politicamente”: Come diceva San Paolo VI: “Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere umano sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e tutto l’uomo”.