sabato, 16 Novembre, 2024
Economia

Legge di Bilancio. Servono 40 miliardi entro fine anno

Un inizio irto di difficoltà, con tempi strettissimi per la manovra economica e bilancio. Il trovare le coperture – che non ci sono – votare, eppoi convincere Bruxelles che ci sono risorse per previdenza, imprese, sviluppo e riforme.

Le scelte urgenti da fare

Un’ agenda che torna tutta politica, archiviato il governo tecnico, il testimone passa ad un’ agenda  economica che si muove su un crinale scosceso. In primo luogo i conti e le date. In mano al nuovo esecutivo c’è la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, un lascito del Consiglio dei ministri uscente. Nel Nadef si preconizza una economia che cresce per fine anno ma rallenta nel 2023. Dati oggi ballerini, ma quelli fotografati dalla Nota indicano una crescita del Pil nel 2022 del +3,3%; nel 2023, invece, l’economia italiana rallenterà al +0,6%, per poi risalire. La Nota economica contiene solo il quadro tendenziale e non quello programmatico, lasciando la programmazione delle spese al prossimo Governo.

I tempi, le date e le incognite

Il percorso ad ostacoli per il prossimo Esecutivo prevede la dirittura d’arrivo con la legge di Bilancio da approvare entro il 31 dicembre. È una data limite. Nel mezzo ci sono ostacoli obbligati da superare e che richiedono la massima coesione politica. Il primo appuntamento – tecnicamente metà ottobre quindi scaduto dal momento che non c’è ancora il Governo – è l’approvazione del Documento economico e finanziario che rappresenta il banco di prova della nuova maggioranza. Bruxelles ha concesso un mese di proroga per l’invio del primo Documento Programmatico di Bilancio. Il Governo dovrà correre per presentare alle Camera la legge di Bilancio 2023, con relativo decreto fiscale. Sulle entrate si addensano altre incognite. Ad esempio, i fondi che arriveranno dalle tasse sugli extra profitti delle aziende energetiche sono ancora da definire, così come il gettito fiscale degli italiani.

Il nodo delle risorse da trovare

Se i tempi sono stretti quelli dei soldi da trovare sono un problema impellente. Entro fine anno serviranno almeno 40 miliardi di euro. I primi 5 miliardi per estendere anche al mese di dicembre gli effetti contro il caro energia introdotti con il decreto Aiuti ter e altri 35 miliardi per consentire, attraverso la prossima legge di bilancio, che i provvedimenti introdotti dal Governo Draghi non decadano con l’avvio del nuovo anno. In altre parole già bussano le richieste da ogni dove. Non si tratta di promesse elettorali ma di fatti contingenti e negativi. Le analisi sul deficit italiano, sia da studi nazionali che internazionali (questi ultimi tutti al ribasso sul Pil italiano) si sovrappongono ma vanno tutte nella stessa direzione: nei primi mesi del 2023 la corsa della inflazione non si attenuerà. Il caro energia non subirà inversioni di prezzo tali da far pensare ad un ritorno alla normalità. La “frenata” di inflazione, costi di gas ed elettricità è quindi ancora molto difficile da prevedere. Nel contempo i sostegni fiscali accordati alle imprese costeranno (dal decreto Aiuti-ter): 14 miliardi ogni trimestre; sono 6 i miliardi inoltre da mettere in conto per il taglio da 30,5 centesimi sulla benzina e l’azzeramento degli oneri di sistema e l’Iva ridotta al 5% sul gas. L’elenco delle risorse da mettere in campo continua con l’adeguamento delle pensioni all’inflazione l’indicizzazione degli assegni 8-10 miliardi più del previsto. Otre 5 miliardi per fa decollare la riforma del pubblico impiego. Mentre il taglio al cuneo fiscale, indispensabile per alleggerire le buste paga dei dipendenti, avrà un impegno di 3,5 miliardi.

Recessione e stagflazione

Questioni tecniche a parte per il neo Governo i problemi arrivano anche dagli annunci di recessione che “piovono” da società internazionali.
Fitch è arrivata ad ipotizzare un -0,7% per il Pil 2023; S&P Global, indica un -0,1%. L’Ocse, che frena al +0,4% la revisione al ribasso delle stime (dal +1,2% di giugno). I pericoli maggiori per il neo Esecutivo sono la recessione e la stagflazione. Di recessione parla anche il commissario europeo all’economia Gentiloni, mentre per alcuni analisti il rischio che il nostro Paese stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato. Questo fenomeno si manifesta raramente, ovvero quando ad una crescita economica tendente allo zero, o addirittura negativa, si affianca un’inflazione molto alta che fa aumentare in misura molto preoccupante il tasso di disoccupazione. Gli effetti della guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiano, nel medio periodo, di spingere l’economia verso una crescita pari a zero, con una inflazione che si avvierebbe a toccare le due cifre. Per rimediare, bisognerebbe tagliare le tasse e la spesa corrente. Tuttavia, contrastare la stagflazione è un’operazione estremamente complessa. Per invertire la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione già in corso che provocherà la diminuzione della massa monetaria in circolazione.

Il rapporto debito/Pil

È evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. “Altresì, bisognerebbe intervenire simultaneamente almeno su altri due versanti”, scrive l’Ufficio studi della Cgia, “in primo luogo, attraverso la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi. Operazioni, queste ultime, non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non verrà rivisto il Patto di Stabilità”. Da questi scenari difficile rilevare un ottimismo tale da poter prefigurare un inizio di legislatura tranquillo.

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