Il World Food Programme, l’agenzia Onu impegnata a salvare vite nelle emergenze prestando soprattutto assistenza alimentare, denuncia che il 2022 è l’anno della fame senza precedenti. 828 milioni di persone ogni notte vanno a dormire a stomaco vuoto, 345 milioni soffrono di insicurezza alimentare acuta e 50 milioni di persone, in 45 Paesi del mondo, sono sull’orlo della carestia a causa di guerre, crisi economiche e catastrofi climatiche. Le zone maggiormente colpite vanno dal Corridoio secco dell’America latina e Haiti, attraversano il Sahel, la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan e ancora, verso est, il Corno d’Africa, la Siria, lo Yemen fino all’Afghanistan. “Se non facciamo subito qualcosa, il prezzo da pagare sarà altissimo”, ha detto David Beasley, Direttore Esecutivo del WFP.
Pandemia, guerra e caro prezzi fanno calare le donazioni e i finanziamenti
Le risorse per far fronte a questi bisogni sono sempre meno. Lo stesso World Food Programme avrebbe bisogno di 24 miliardi di dollari per raggiungere 153 milioni di persone nel 2022, ma le ben note difficoltà derivanti dalla pandemia e la guerra stanno riducendo i finanziamenti. Questo ha costretto a scelte davvero difficili in Paesi, ad esempio, come la Nigeria, il Sud Sudan e lo Yemen, in cui si è reso necessario il taglio delle razioni per riuscire a raggiungere più persone. Il che equivale a dire “togliere il cibo a chi ha fame per darlo a chi di fame sta morendo”.
L’unica soluzione è aiutare a crescere le comunità locali
Ma ai Governi donatori, potrebbero affiancarsi le singole persone e, in particolar modo, le aziende del settore privato, che, oltre a contributi finanziari, potrebbero aiutare con l’assistenza tecnica e il trasferimento di conoscenze, necessari per costruire la capacità delle famiglie e delle comunità di nutrirsi da sole, interrompendo la loro dipendenza dal sostegno umanitario. Gli obiettivi raggiunti dimostrano che questa è l’unica politica vincente. In soli tre anni, fino al 2021, il WFP e le comunità locali hanno trasformato 272.000 acri di campi aridi di cinque Paesi africani nella regione del Sahel in terreni agricoli produttivi, migliorando la vita di oltre 2,5 milioni di persone e contribuendo alla pace e alla stabilità. In Bangladesh, nel 2020, il WFP ha sostenuto 145.000 persone con assistenza in denaro prima che si verificassero le gravi e previste inondazioni. Ciò ha consentito alle famiglie di acquistare cibo e medicine, proteggere i beni critici e trasportare il bestiame e le famiglie in luoghi sicuri, prevenendo perdite e danni, e riducendo di oltre la metà i costi di risposta alle emergenze.
Più cresce la fame più aumentano le migrazioni
Il 60 per cento di chi soffre la fame vive in aree colpite da guerre e violenze, ma anche gli shock climatici stanno mietendo migliaia di vittime e questo comporterà un aumento delle migrazioni. Lo dimostra la storia: nel 2015, quando il WFP esaurì i fondi per il cibo ai rifugiati siriani, questi non ebbero altra scelta che lasciare i campi rifugiati per cercare aiuto altrove, dando inizio a una delle più grandi crisi di rifugiati nella recente storia europea. E oggi l’Ucraina ne è una ulteriore riprova.