mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Manica Larga

I veri campioni? Leader imperfetti ma credibili

Da Churchill a Cincinnato il passo è stato quello di un leader politico costretto a cambiare pelle ancora una volta, forse nella speranza di poter ritornare presto in partita.

Potrebbe infatti essere questo il desiderio di un classicista come l’ex primo ministro inglese, Boris Johnson, il giorno dell’insediamento della neo prima ministra, Liz Truss, che invece ha eletto Margaret Thatcher quale nume tutelare, come fece a suo tempo Teresa May, anche se le differenze tra le due restano visibili a occhio nudo.

Guardando in casa nostra abbiamo chi, piuttosto che richiamare celebri personalità dal passato, preferisce ritagliarsi un ruolo. Così abbiamo il professore (un evergreen), il soldato, il ragazzo fortunato, il senatore semplice, il manager esperto, l’imprenditore, il riformista e via dicendo.

Questione di marchio?

In tutti questi casi, e ce ne sarebbe ancora, il fattor comune è quello che gli esperti chiamano personal branding, in breve quello che vorremmo che gli altri pensassero di noi.

L’architrave di questa mise-en-scène resta la credibilità. Facciamo, per esempio, il caso del recente scivolone di alcuni politici su TikTok, dove è stata la mancanza di credibilità in quel contesto a determinare il fallimento del tentativo, a conferma che la credibilità è un patrimonio che si costruisce nel tempo.

Tuttavia, potrebbe esserci un ma. A suggerircelo è quello che viene definito l’effetto pratfall che ci dice che se da un lato tendiamo a preferire gli esperti, dall’altro non amiamo la perfezione. Ovvero, è proprio l’errore, l’imperfezione che ci porta ad amare i nostri leader perché ce li rendono più a portata di mano, più umani, più vicini a noi.

Per intenderci, se mi siedo a un colloquio di lavoro e parlo dei miei fallimenti, quell’intervistatore (che non mi conosce) sarà probabilmente portato a empatizzare di più con me, perché mi percepirà come più onesto.

Il cazzotto di Mike Tyson

Così, viene da pensare che se un politico ha preso uno scivolone questo non vuol dire necessariamente decretare l’epic fail, ma aprire una porta a una nuova possibilità. Certo, a patto di una bella dose di autocritica.

Detto in altri termini, non basta una barzelletta per accorciare le distanze. Tuttavia basta, parafrasando Mike Tyson, per prendere quel cazzotto in faccia che ti ricorda che quel piano che avevi in testa non vale più. Ed è qui che zampilla la storia, qui che si vede la stoffa del campione.

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