Ogni giorno venti o trenta migranti profughi in movimento si rivolgono al presidio dell’associazione umanitaria Baobab Experience di Roma: la maggior parte per andare, quasi nessuna per restare.
Sono giovanissime e giovanissimi, originari soprattutto del Corno d’Africa, tutti sono passati per i lager libici, tutti hanno subito violenze inenarrabili.
“Gli eritrei sono più fortunati – racconta Salma, 19 anni, sudanese – perché spesso hanno i soldi per comprarsi la libertà. Può accadere che vengano torturati per qualche giorno, così i carcerieri inviano i filmati delle violenze alle famiglie. In questo modo i parenti pagano. Noi no. Noi siamo poveri. Noi veniamo venduti come schiavi prima di poter tentare la via del Mediterraneo”.
Una denuncia che anche i missionari presenti in Africa muovono da più di una decina di anni. Ciononostante l’Italia ha rinnovato per la quinta volta gli accordi con la Libia per calmierare gli ingressi via mare. È come nascondere la polvere sotto il tappeto, ma non è sporco, è sangue.