Il tetto al prezzo del gas arriverà con più di sei mesi di ritardo, da quando Mario Draghi lo aveva proposto a Febbraio, come strumento cruciale per indurre Putin a porre fine all’aggressione a Kiev. Senza gli introiti europei del gas, Putin avrebbe esaurito in poche settimane le riserve per finanziare le ingenti spese della disastrosa invasione dell’Ucraina. E forse la guerra sarebbe finita da tempo. L’Europa avrebbe potuto imporre il tetto, forte del suo potere di mercato: Putin non può sostituire l’Europa con un altro compratore della stessa portata. Noi importiamo 160miliardi di metri cubi da Mosca, la Cina nel 2025 ne importerà solo 48. Invece, è stato Putin a imporci il prezzo del gas e a decidere quando tagliarlo gravandoci di un’inflazione mostruosa e di pesanti ricadute sulle aziende e le famiglie. E -forse deluso dai suoi capi militari… lo zar punta sul Generale Inverno.
La Russia produce all’anno 762 miliardi di metri cubi di gas. Due terzi sono destinati al consumo interno. Il resto viene esportato. 210 miliardi di metri cubi attraversano i gasdotti e di questi il 74% viene nei Paesi dell’Unione europea per coprire il 40% del nostro fabbisogno di metano. L’Europa avrebbe potuto e dovuto già da Febbraio imporre a Putin un tetto al prezzo del gas al di sopra del quale non lo avremmo più comprato. Lo aveva proposto Draghi e sarebbe stata la misura determinante -insieme al blocco delle riserve della banca centrale russa all’estero- per ridurre le disponibilità finanziare del Cremlino e indurre lo zar a migliori consigli sull’aggressione all’Ucraina.
Gli introiti dell’export di gas in Europa sono vitali per la fragile economia russa : con circa 150 milioni di abitanti ha un Pil come quello della Spagna che ha una popolazione di 47 milioni.
Se l’Europa non avesse più comprato gas dalla Russia, Putin non avrebbe potuto venderlo a nessun altro. Neanche all’amica Cina. Il gasdotto Power of Siberia, che rifornisce Pechino, secondo gli accordi tra Putin e Xi potrà trasportare 48 mld di metri cubi ma solo nel 2025. Il secondo gasdotto con la Cina sarà pronto non prima del 2030. Rimarrebbe un buco di altri 110 miliardi di metri cubi che Putin non esporterebbe né in Europa né altrove. Invece è successo il contrario. È stato Putin a imporci il prezzo del gas e a decidere quando tagliarlo gravandoci di un’inflazione mostruosa e di pesanti ricadute sulle aziende e le famiglie.
Ora a parte le solite ridicole minacce di Medvedev, lo zar affida le sue speranza al clima prefigurando una stagione freddissima che richiederebbe un forte aumento di domanda di gas: insomma non contento dei suoi generali punta sul “generale Inverno”: e spera che un novello Maresciallo Michel Ney annunci che l’Europa -al pari delle truppe napoleoniche- è stata sconfitta dal freddo.