Le previsioni negative, quelle che si erano con troppa leggerezza messe da parte, si avverano. Tutte le imprese del terziario, Ancc-Coop, Conad, Confcommercio, e Federdistribuzione, si sono ritrovate a Roma nella sede di Confcommercio per fare il punto sulla: “Crescita inarrestabile del costo dell’energia”. L’incontro ha messo in evidenza che senza un piano di riduzione dei costi, senza tagli e razionamento dell’energia, le attività rischiano di bloccarsi. Il settore agroalimentare e le filiere della distruzione – che erano resistite brillantemente alla pandemia – oggi si ritrovano sotto scacco. “Con aumenti delle bollette e dei costi di gestione non più sostenibili”, scrivono in un lungo e articolato documento, “Uno scenario che, in assenza di nuove e ulteriori misure di contrasto e sostegno, mette seriamente a rischio la prosecuzione dell’attività di tantissime imprese”. Ancora più preoccupate le osservazioni del presidente di Confindustria, Bonomi che parla di “terremoto economico”.
Commercio, imprese sotto attacco
Nel corso della conferenza stampa delle Organizzazioni commerciali, sono state presentate richieste e proposte delle imprese. All’incontro sono intervenuti: Lino Stoppani (Vice presidente vicario di Confcommercio), Marco Pedroni (Presidente di Ancc-Coop e Coop Italia), Francesco Pugliese (AD di Conad), Alberto Frausin (Presidente di Federdistribuzione), Donatella Prampolini (Presidente di Fida-Confcommercio).
Secondo una stima dell’Ufficio Studi di Confcommercio, da qui ai primi sei mesi del 2023, sono a rischio circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro. “Tra i settori più esposti ai rincari energetici”, spiegano i vertici delle filiere distributive, “il commercio al dettaglio, in particolare la distribuzione tradizionale e moderna del settore alimentare, la ristorazione, la filiera turistica, i trasporti che, a seconda dei casi, registrano rincari delle bollette fino a tre volte nell’ultimo anno e fino a cinque volte rispetto al 2019, prima della pandemia”.
Negozi al top dei costi
Complessivamente, la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi il triplo rispetto al 2021 (11 mld) e più del doppio rispetto al 2019 (14,9 mld).
La Distribuzione Moderna, pur non rientrando nella classificazione dei settori “energivori”, ha consumi per oltre 12,2 TWh, spiegano i leader delle Associazioni e Confederazioni, cui impattano principalmente la gestione della catena del freddo e dei banchi refrigerati. “Le aziende della distribuzione stanno registrando incrementi del costo delle bollette mai registrati prima: siamo su una media tra il +200%/+300% con punte anche più alte in certi casi. Oggi l’incidenza del costo dell’energia sul conto economico delle imprese del settore sta subendo un incremento significativo, passando dall’1-1,5% del 2021 al 3-4%, con punte fino al 6%”.
Appelli e richieste di aiuti
Con dati così sfavorevoli le imprese lanciano una serie di proposte al Governo e al Parlamento da attuare con urgenza. Si va dall’incremento del credito d’imposta per il caro energia elettrica dal 15% al 50% nel caso di aumenti del costo dell’energia superiori al 100%, misura che andrà estesa anche all’ultimo trimestre dell’anno; alla rateizzazione delle bollette almeno fino a dicembre 2022; all’incremento fino al 90% della copertura offerta dal Fondo di garanzia per le PMI anche per i finanziamenti richiesti dalle imprese per far fronte alle esigenze di liquidità determinate dall’aumento del prezzo dell’energia elettrica. Con l’obiettivo di inserire nelle misure anche le piccole e micro imprese. Per le Organizzazioni vanno realizzati specifici interventi in favore degli utilizzatori professionali del gasolio per autotrazione (trasporto pesante), che sostanzialmente non traggono alcun beneficio dal taglio dell’aliquota ordinaria dell’accisa.
Imprese: pronti al risparmio
Le associazioni a riprova delle difficoltà del settore si impegna a promuovere tra i propri associati “azioni e comportamenti virtuosi”. Si va dallo spegnere le insegne luminose e le apparecchiature non necessarie, al regolare la temperatura ambientale dell’attività commerciale, fino a interrompere la funzione di riciclo dell’aria nelle ore notturne e tenere chiuse le porte di ingresso per evitare dispersioni termiche in assenza di lame d’aria. Più una serie di limitazioni per celle e banchi frigo, utilizzo di cibo, riorganizzare il lavoro.
Le stime dei danni
“Il numero delle imprese che rischiano la chiusura è di 120mila con 370mila posti. Il secondo rischio è quello di un calo dei consumi che si trascina con sé l’impossibilità di gestione del debito pubblico”, evidenzia il vicepresidente vicario di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, “Per questo chiediamo interventi di natura emergenziale oltre a misure strutturali”. Secondo Stoppani, “si è arrivati a questa situazione perché ci sono stati eventi imprevedibili. Sicuramente serve più Europa che fissi un tetto al prezzo del gas, ma serve anche più Italia che porti avanti una politica energetica che punti sulle rinnovabili”. “Uno dei rischi del caro bollette”, evidenzia ancora Stoppani, “è il calo dei consumi: quindi addio ai sogni di crescita, che è indispensabile per avere credibilità sui mercati finanziari”.
Bonomi: terremoto economico
L’allarme dal commercio si fa ancora più acuto nell’industria. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi a radio Rtl 102.5 ha ed ribadito i problemi. “Nel caso la Russia sospendesse completamente l’invio di gas, avremmo un buco di 4 miliardi di metri cubi”, che secondo i calcoli del leader degli industriali, “resterebbe scoperto anche dagli stoccaggi nazionali al 90%”. “Se dovessero mancare quei 4 miliardi e fossero tutti incidenti sull’industria, vorrebbe dire spegnere quasi un quinto dell’industria italiana“, osserva Bonomi, “Motivo per cui dobbiamo pensare, scenario peggiore, ad una strategia di razionamento”, rivela il presidente di Confindustria, “una scelta politica su cui chiediamo grande responsabilità perché spegnere il sistema industriale significa mettere a rischio migliaia di imprese e posti”.
“Quello che noi stiamo affrontando è un terremoto economico”, conclude Bonomi, “il governo può e deve intervenire, non possiamo aspettare due mesi per l’arrivo del nuovo governo per un problema di questa dimensione, che vuole dire mettere a rischio il sistema industriale italiano, mettere a rischio il reddito e l’occupazione delle famiglie”.