Secondo il rappresentante permanente per la Russia alle Organizzazioni internazionali di Vienna, Mikhail Ulyanov, le autorità della regione di Zaporizhzhia, occupata dalle forze russe all’inizio del conflitto, starebbero valutando la chiusura momentanea della centrale nucleare a causa dei continui bombardamenti da parte delle forze ucraine. Kiev ribatte che gli attacchi sul sito di Enerhodar sono invece causati dall’esercito di Mosca, ma al di là delle responsabilità, uno stop all’impianto potrebbe contribuire ad allentare la tensione e la paura di una catastrofe ambientale e a favorire un’imminente visita dell’Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che si è dichiarata disponibile ad una missione.
Se i due fronti continuano con il rispettivo scambio di accuse, la popolazione sta lasciando in massa la regione: Nikopol, sulla riva settentrionale del Dnipro, dove i russi hanno concentrato il fuoco in queste ultime settimane, si sta svuotando, mentre l’obiettivo primario delle truppe ucraine è la distruzione dei ponti, per impedire al nemico di avanzare verso ovest e di rafforzare la difesa di Kherson, conquistata a marzo ma oggi bersaglio del contrattacco di Kiev. L’esercito di Zelensky ha compiuto qualche progresso nell’area meridionale ma siamo ben lontani dagli auspici del presidente, che a inizio estate aveva previsto la svolta nel mese di agosto.
È vero che grazie agli Himars americani e ad altre forniture provenienti da Regno Unito e diversi paesi europei l’Ucraina è riuscita a riequilibrare almeno in parte le sorti del conflitto ma per avanzare verso est e riprendersi in mano il “corridoio” fra Mariupol e la Crimea servono altri e più sostanziosi stanziamenti dai partner occidentali. La Russia sta soffrendo i contrattacchi di Kiev, fa fatica a conquistare l’area di Donetsk, in Donbass, ma ha mantenuto buona parte dei territori annessi in primavera. Si rischia una guerra lunga e di logoramento, con le due parti sfiancate e probabilmente a corto di uomini.
Notizie migliori arrivano invece dal fronte marittimo. L’accordo per l’esportazione del grano sembra tenere e come hanno specificato le autorità ucraine, dopo il patto siglato in Turchia sono già partite dai porti situati sul Mar Nero ben sedici navi contenenti grano. Un sospiro di sollievo in particolare per i paesi dell’area mediorientale e nordafricana, dove sbarcheranno anche mais, olio di girasole e prodotti indispensabili per gli allevamenti. Le partenze da Odessa, Chornomorsk e Yuzhny hanno “già permesso di ridurre la gravità della crisi alimentare e dato qualche speranza di pace ai paesi consumatori dei nostri prodotti agricoli”, ha riferito Zelensky che nel suo consueto discorso serale ha parlato di passi avanti, del suo esercito, nella parte meridionale del Paese. “Non perdiamo un solo giorno, riduciamo il potenziale degli invasori”, ha detto ribadendo che in Donbass sono tuttora in corso “feroci combattimenti”.