Nei giorni scorsi Mario De Michele, direttore del giornale online Campania notizie, mentre era a bordo della sua auto a Gricignano D’Aversa (Caserta), è uscito miracolosamente illeso da un raid camorristico. Contro di lui, infatti, è stata sparata una raffica di colpi di pistola ad altezza d’uomo: due hanno attraversato l’abitacolo della macchina andando a conficcarsi a pochi centimetri dalla sagoma del giornalista.
Sono stati 59 in 33 giorni i giornalisti e blogger che hanno subito intimidazioni e minacce in Italia, secondo il monitoraggio attivo condotto da Ossigeno per l’Informazione nel periodo 15 ottobre-16 novembre.In 34 casi l’organismo ha verificato e certificato i fatti, dichiarando che si tratta di effettive intimidazioni, riscontrando violazioni della libertà di stampa e del diritto di informare ai sensi dell’articolo 21 della Costituzione e dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ne abbiamo parlato con Giuseppe Federico Mennella, ex direttore responsabile dell’Unità, nonché segretario dell’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione, il quale ha da poco presentato al Senato un Report sulle azioni legali intentate contro i professionisti dell’informazione.
Direttore, che cosa sta succedendo?
“Sta accadendo quello che, normalmente, succede nel mondo animale, dove l’esemplare più debole viene attaccato da quello che lo precede nella catena alimentare. In altre parole, la categoria, e quindi i singoli giornalisti, per una serie di ragioni, tra cui rientrano la crisi economica in generale, e quella editoriale in particolare, ma anche la trasformazione degli strumenti di lavoro, si trova a svolgere il suo fondamentale lavoro in una condizione di particolare debolezza. A ciò bisogna aggiungere anche una legislazione vecchia ed inadeguata sia nelle norme che nei tempi di applicazione, cioè nei processi”.
In che senso?
“I giornalisti sono sottoposti ad una serie di leggi, obiettivamente datate – quella sulla stampa, tanto per fare qualche esempio, è del 1948, la legge che regola anche l’accesso e lo svolgimento della professione risale al 1963 – ed anche punitive che non li considerano come i portatori di una istanza democratica attraverso cui viene esercitato il diritto/dovere dei cittadini a essere informati ma agenti che minacciano il potere nei suoi lati più oscuri”.
Questo che cosa comporta?
“È un aspetto fondamentale della questione. L’attacco non viene dai cittadini comuni ma dai cosiddetti poteri forti in ambito criminale, politico, parlamentare, di governo. Queste regole consentono a chiunque di portare in giudizio il giornalista, quasi a costo zero. Non costa nulla presentare una querela contro un giornalista, ma difendersi è estremamente faticoso ed ha costi elevati”.
Ci può dare qualche numero?
“Certamente, ripropongo proprio i dati diffusi di recente al Senato. Nel 2016 sono andate in decisione 9039 querele e le archiviazioni sono state 6317, pari al 69,88 per cento. L’azione penale è iniziata in 2722 casi, pari al 30,12 per cento. Nel 2016 i condannati con sentenza irrevocabile sono stati 287. Le condanne a pene detentive sono state 38; 234 alla pena della multa. Più dei due terzi delle querele, dunque, è del tutto infondata”.