Un sistema in “warning” che rischia di uscire dai binari per i troppi pesi dell’oggi e le inedite incertezze del futuro. Il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, Pasquale Tridico presenta il XXI Rapporto annuale, sullo stato del lavoro e della previdenza, dove emergono tutte le difficoltà di un sistema con campanelli di “avvertimento” già scattati in una situazione di difficoltà crescenti. Di luci se ne intravedono poche, mentre i problemi sono rimasti ancora tutti da risolvere, ad iniziare da una riforma partita nel 2021 a tambur battente ma finita pressoché nelle nebbie di scenari economici autunnali dove si annunciano recessione e stagflazione.
Il XXI rapporto Inps
Tridico ha letto la sua relazione nella Sala della Regina di Montecitorio presenti il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando e il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato.
I numeri della previdenza italiana
Il primo dato è già problematico perché evidenzia come per il 32% degli assistiti, i livelli degli assegni – malgrado le maggiorazioni nelle varie forme integrative – sono inferiori ai mille euro al mese. Si tratta di 5 milioni 120mila pensionati. Nel rapporto l’Istituto, inoltre, evidenzia che la percentuale di pensionati con reddito inferiore a 12 mila euro l’anno è però pari a 40% se si considerano solo gli importi delle prestazioni al lordo dell’imposta personale sul reddito.
Le note dolenti
Nel rapporto Inps ci sono proiezioni e calcoli che danno il segno delle difficoltà. Con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro.
Non certo andrà meglio per le future generazioni. Nel rapporto l’Inps si ipotizza il futuro previdenziale della generazione X, ossia i nati tra il 1965 e il 1980, sottolineando che i più giovani dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani. “Se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione”, illustra il rapporto, “si aggiri sui 750 euro mensili”.
Lavoro e povertà
Il fenomeno della povertà lavorativa ha toccato il top rispetto ai livelli europei.
Nel 2019, l’11,8% dei lavoratori italiani era povero, contro una media europea del 9,2%. “La percentuale di lavoratori sotto la soglia di 9 euro lordi l’ora è 28%, ovvero oltre 4,3 milioni, e quasi un lavoratore su tre guadagna meno di mille euro al mese, considerando anche i part-time”, ha illustrato Tridico. “Occorre quindi cercare di introdurre correttivi che portino ad una ricomposizione della prestazione lavorativa, definendo delle griglie di regimi d’orario che aiutino le persone a conseguire un reddito dignitoso”. Il Part-time al femminile è un caso. La percentuale di part-time è al 46% tra le donne, il dato più alto nella Ue, contro il 18% tra gli uomini, e una parte prevalente di questo part-time è considerato involontario.
Lavoro precario, picco storico
Il lavoro a termine, come riferisce il Rapporto, è cresciuto negli ultimi due anni ed oggi ha raggiunto il picco storico di oltre 4,2 milioni di lavoratori ovvero il 22,2%, al netto di agricoli e domestici. Cresce il problema dei contratti a termine di durata giornaliera o settimanale.
“Il 10% dei dipendenti a tempo pieno guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi”, osserva Tridico. “La retribuzione media delle donne nel 2021 risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile”. Il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, la soglia del Reddito di cittadinanza, considerando anche i part-time”.
Il numero degli assistiti
I numeri illustrati dal presidente Tridico danno l’idea di un sistema in difficoltà. “I pensionati a fine dicembre 2021 erano 16 milioni per un importo lordo complessivo di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020)”. Con una asimmetria tra ciò che percepiscono gli uomini e le donne. Nel Rapporto si sottolinea che, sebbene le donne siano il 52% del totale (8,3 milioni a fronte di 7,7 milioni di uomini), percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi.
Gli importi medi, le differenze
L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini, ha fatto presente Tridico, “è superiore a quello delle donne del 37%”. Se in media i pensionati percepiscono 1.620 euro al mese le donne hanno 1.374 euro, oltre 500 in meno degli uomini che arrivano a 1.884 euro.
Inflazione, il grande rischio
Tra gli scenari più critici non poteva mancare la corsa dei prezzi e l’inflazione che nella XXI relazione ha un posto d’onore. In particolare il peso finanziario che si abbatterà sui conti.
L’aumento dell’inflazione nel 2022 con una crescita dei prezzi che a fine anno potrebbe assestarsi sull’8%, ipotizza l’Inps, potrebbe pesare sulla spesa per pensioni dell’Istituto nel 2023 per 24 miliardi. L’Inps ha aggiunto inoltre che sulla base dei dati al primo gennaio 2020 (quindi senza calcolare lo shock della pandemia e della guerra) il disavanzo patrimoniale – secondo calcoli e previsioni dei tecnici dell’Istituto – potrebbe arrivare a 92 miliardi nel 2029.
L’Istituto: serve la crescita
“Non esiste un problema di sostenibilità”, è stato sottolineato, “ma c’è un warning. Ci vuole crescita economica e produttività per un sistema in equilibrio”. La strada imboccata dal Governo Draghi, a sostegno dei redditi a fronte dell’aumento dell’inflazione, per il leader dell’Inps saranno utili nel contrastare una situazione avversa “Sembrano andare nella giusta direzione di non innescare una spirale inflazionistica”, osserva Pasquale Tridico, “intervenendo a sostegno dei redditi, soprattutto quelli medio-bassi”. “In questo contesto”, evidenzia il presidente Inps, “si esplica nuovamente l’impegno dell’Istituto, in relazione ai bonus sociali e all’indennità di 200 euro erogata con il Decreto Aiuti, facendosi tramite verso ben 31 milioni di utenti tra lavoratori, pensionati, disoccupati. La maggioranza delle indennità è erogata d’ufficio dall’Istituto”. Il dato, va sottolineato, tiene conto anche di quelle anticipate dalle aziende e compensate con l’Inps.
RdC, la spesa sale a 23 miliardi
Capitolo in primo piano quello del Reddito di cittadinanza, che ha raggiunto livelli di spesa considerevoli. “Nei primi 36 mesi di applicazione del Reddito di cittadinanza (aprile 2019-aprile 2022) la misura ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari per 4,8 milioni di persone”, si illustra nel Rapporto, “per un’erogazione totale di quasi 23 miliardi di euro”. Il presidente dell’Inps, ha sottolineato come l’importo medio mensile risulta per il mese di marzo 2022 pari a 548 euro per nucleo familiare, molto differenziato tra RdC (577 euro) e Pensione di cittadinanza, (248 euro).
Le reazioni, il ministro Orlando
Il settore previdenziale naturalmente tocca più argomenti, tra questi la riforma rimasta al palo, con interventi che comunque dovranno essere fatti o prolungati.
“Sulle pensioni è partita una fase di confronto con le parti sociali. A fine anno”, fa sapere il ministro del Lavoro, Andrea Orlando intervenendo alla presentazione del Rapporto annuale Inps, “con la scadenza di misure come Opzione donna e l’Ape sociale, si renderà necessario procedere al loro rinnovo perché hanno ottenuto buoni risultati”. Il Governo secondo le anticipazioni del Ministro, dovrà “anche ampliare e dare criteri di strutturalità alla platea dei lavori gravosi, per l’accesso a meccanismi di anticipo rispetto all’attuale quadro normativo. Rimane aperto il cantiere per il superamento delle misure temporanee di flessibilità in uscita”.
La riforma del lavoro
Secondo il ministro, poi, nel cantiere aperto della riforma delle pensioni e della flessibilità in uscita andrà affrontato anche il tema della riduzione dell’orario come possibile modalità di uscita dal mercato del lavoro. “Rimane aperto il cantiere”, spiega Orlando, “per il superamento delle misure temporanee di flessibilità in uscita (le varie quote 100, 102, ecc.) e per la definizione di una misura generalizzata e strutturale di flessibilità “a regime. Quest’ultimo fronte”, ha spiegato il ministro Orlando, “interseca anche il tema della riduzione dell’orario di lavoro e della possibilità di un accompagnamento all’uscita dal mercato del lavoro che, senza anticipare l’età della quiescenza, possa operare invece sul versante della diminuzione delle ore come strumento di flessibilità e anche di ricambio generazionale”.
Rosato: 21 miliardi in aiuti
Sugli aiuti concessi dal Governo e sul tema delle nascite si è soffermato il vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva Ettore Rosato partecipando alla Camera alla relazione annuale Inps.
“Governo e Parlamento hanno dimostrato che il tema della natalità è decisivo per il futuro del nostro Paese scegliendo di investire imponenti risorse per le politiche per le famiglie: 21 miliardi di euro”, ricorda Rosato, “Mai erano state impiegate prima di adesso così tante risorse per contrastare la crisi demografica e il calo della natalità, un problema che incide sulla dinamica pensionistica e la sostenibilità del sistema previdenziale”. Il sistema previdenziale deve essere però riequilibrato.
“Importante mantenere in equilibrio la spesa soprattutto in considerazione delle prestazioni che dovranno essere erogate alle prossime generazioni”, osserva infine Ettore Rosato, “per assicurare ai nostri figli e nipoti, che oggi contribuiscono al sistema, di ricevere un domani adeguate prestazioni previdenziali in considerazione dei contributi che stanno versando”.
Oggi il vertice Draghi-Sindacati
A Palazzo Chigi è previsto per oggi il vertice su salario minimo, lavoro e tutele, che vedrà riuniti attorno al tavolo il premier Mario Draghi, i leader dì Cgil, Cisl e Uil, ed esponenti della Associazioni datoriali. Le posizioni sono distanti. Per Draghi si potranno impiegare una parte degli utili derivanti dagli extra profitti sull’energia, ma senza scostamento di bilancio, le Associazioni di categoria punteranno sui sostegni alla produttività, mentre per i sindacati la priorità è quella di far recuperare ai lavoratori la perdita del potere di acquisto subita con buste paghe più consistenti per parare il colpo dell’inflazione prevista all’8%, e la corsa dei prezzi dell’energia con rincari stellari.