In Parlamento non sarà una battaglia facile quella per lo ius scholae, che, secondo le stime dell’Istat, riconoscerebbe la cittadinanza italiana a una platea di circa 280mila ragazzi stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni, che risiedono legalmente e che hanno frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Il 25% di loro attualmente risiede in Lombardia. In realtà, gli studenti con background migratorio iscritti nelle scuole italiane nell’anno scolastico 2019/2020 superano il milione, ma circa 264mila hanno già acquisito la cittadinanza e altri non avrebbero maturato i requisiti secondo i dettami della proposta di legge.
Una platea che tende a restringersi nel tempo
Parliamo, dunque, di una quota alquanto residuale di ragazzi che non versano mediamente in condizioni socio-economiche agiate e che da questo riconoscimento otterrebbero più chance di integrazione e riscatto sociale. La pandemia ha, tra altro, provocato una forte contrazione dei flussi migratori.
La popolazione straniera in Italia al 1° gennaio 2022 è di 5 milioni e 194 mila residenti, aumentata di meno di 200 mila unità negli ultimi quattro anni, a causa delle maggiori difficoltà di circolazione, ma anche per quelle legate all’acquisizione della cittadinanza.
La popolazione di origine straniera ha, perciò, continuato a crescere, ma a ritmi molto ridotti rispetto al passato. Tra i cittadini non comunitari si è assistito a una contrazione senza precedenti dei flussi per motivi di lavoro, a una sostanziale stabilità degli ingressi per ricongiungimento familiare e a una crescita degli arrivi di persone in cerca di protezione internazionale, causati da crisi politiche e guerre in vari parti del mondo, di cui la situazione dell’Ucraina non è che l’ultimo tragico esempio.
La pandemia ha peggiorato le condizioni dei residenti in Italia
In ogni caso l’emergenza sanitaria ha avuto un effetto negativo anche sulle condizioni di vita della popolazione immigrata, andando talvolta ad inasprire pregresse condizioni di maggiore vulnerabilità dal punto di vista sanitario, occupazionale ed economico. Secondo il Rapporto sullo stato del Paese dell’Istat, l’11,3% degli alunni stranieri delle scuole secondarie giudica la propria famiglia abbastanza o molto povera. Si colloca nella modalità intermedia “né ricca né povera” l’84,1% degli stranieri e l’86,3% degli italiani. A sentirsi molto o abbastanza ricchi sono solo il 4,5% degli stranieri contro il 9,7% degli italiani. I ragazzi stranieri hanno percepito il peggioramento della situazione economica durante la pandemia più degli italiani, il 39,1% contro il 28,7%.
Cosa pensano i giovani studenti stranieri
Volendo tracciare un identikit dei ragazzi stranieri che frequentano le nostre scuole, tra quelli delle scuole secondarie il 78,5% pensa in italiano. Rispetto all’autovalutazione delle competenze, circa tre ragazzi su quattro dichiarano di parlare e leggere “molto bene” l’italiano, ancora di più sono coloro che pensano di comprenderlo molto bene, meno numerosi, invece, quelli che ritengono di scriverlo altrettanto bene. “Il futuro mi affascina” è la risposta fornita dal 51,6% dei ragazzi stranieri; per le ragazze la percentuale è molto più contenuta mentre assume maggiore rilievo la modalità “il futuro mi fa paura”, scelta dal 38,5% delle alunne e dal 24,0% degli alunni.
Le tematiche ambientali li spaventano più del Covid
Rispetto al Covid-19 i giovani stranieri delle scuole secondarie si dicono molto o abbastanza preoccupati nel 46,4% dei casi mentre l’11,9% è per niente preoccupato (tra i ragazzi italiani la preoccupazione è maggiore). Più in generale, il 34,7% si dichiara molto preoccupato per le malattie (32,7% tra gli italiani). Al centro dell’attenzione degli alunni stranieri delle scuole secondarie è invece l’ambiente, che preoccupa molto il 60,5% degli intervistati, timore condiviso anche dai ragazzi italiani.
Non vogliono restare in Italia
Per molti giovani il futuro è altrove.. Questo desiderio è più diffuso tra le ragazze (66,3%) rispetto ai coetanei maschi (52%).