“Continua la corsa senza freni dell’inflazione”. È la preoccupata osservazione del centro studi della Confcommercio. Che sottolinea: “E’ vero che le previsioni erano negative ma un andamento di questo tipo
rischia seriamente di compromettere le speranze di ripresa anche per il 2023”.
Incremento mai registrato
La “sentenza” per la Confederazione arriva dalle stime preliminari dell’Istat: a giugno l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dell’1,2% su base mensile e dell’8% su base annua,
da +6,8% del mese precedente. “Un incremento annuo così non si registrava da gennaio 1986, quando fu pari a +8,2%”. “Le tensioni inflazionistiche”, analizza la Confcommercio, “continuano a propagarsi
dai Beni energetici agli altri comparti merceologici, nell’ambito sia dei beni sia dei servizi. I prezzi al consumo al netto degli energetici e degli alimentari freschi (componente di fondo; +3,8%) e al netto dei
soli beni energetici (+4,2%) registrano aumenti che non si vedevano rispettivamente da agosto 1996 e da giugno 1996”.
Carrello spesa, costi in crescita
Nel contempo, segnala la Confcommercio “l’accelerazione dei prezzi degli Alimentari, lavorati e non, spingono ancora più in alto la crescita di quelli del cosiddetto carrello della spesa: +8,3%, mai così alta da
gennaio 1986, quando fu +8,6%. L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +6,4% per l’indice generale e a +2,9% per la componente di fondo”.
Trasporti e alimentari al top
“Il dato sull’andamento dei prezzi rappresenta un ulteriore salto indietro nel tempo, con valori così elevati, sia in termini di profili mensili sia annuali, che non si registravano dalla fine degli anni 80”.
Commenta l’Ufficio Studi Confcommercio alla stima provvisoria dei prezzi a giugno diffusa dall’Istat che aggiunge: “Non consola sapere che il dato italiano è allineato a quanto si rileva nel complesso dell’area
euro (+8,6% tendenziale a giugno). Inoltre, come paventato da tempo, le pressioni inizialmente concentrate nell’energetico si sono ormai diffuse ad altri settori, in primis i trasporti e l’alimentare”.
“Elemento che rende”, prosegue l’Ufficio Studi, “sempre più concreta la possibilità di un’inflazione, nella media del 2022, superiore al 7% e di un rientro molto graduale nel 2023, con inevitabili pesanti effetti sul
reddito disponibile e sul potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida da parte delle famiglie, con conseguenti riverberi negati sui comportamenti di spesa”.
Settembre, famiglie in difficoltà
In conclusione, secondo l’Ufficio Studi sarà molto probabile che da settembre le famiglie saranno costrette a una selezione degli acquisti, con gravi effetti negativi sui consumi e di conseguenza anche sul Pil.