Letta gongola e non rinuncia al suo “campo largo” a geometria variabile, ma dovrà attentamente “bonificarlo” dai capricci di parte dei 5S e del duo dissonante Renzi-Calenda.
Meloni presidia saldamente il campo del centrodestra. Ma la sua marcia trionfale aumenta le diffidenze degli alleati. Deve attrezzarsi per scovare i trappoloni che Salvini e Berlusconi possono costruire a sua insaputa. Le converrebbe circondarsi di buoni artificieri che, conoscendo bene Forza Italia e Lega, la aiutino a disinnescare per tempo insidie fastidiose.
Niente di nuovo sotto il sole di giugno? A quanto pare no. Il voto nei referendum e per i Comuni ha confermato che Letta a sinistra e Meloni a destra sono i due leader vincenti. Si contenderanno la corsa a Palazzo Chigi nelle elezioni politiche del 2023. Ma con qualche problema. Né il Pd né Fratelli d’Italia da soli potranno andare oltre la soglia psicologica del 30%: saranno costretti non solo a dover fare squadra con alleati bizzosi ma anche a trattare con essi facendo esercizio di pazienza.
Il Pd ha gioco relativamente più facile: il Movimento di Conte è in netto declino e, per ora, non ha alternative: se non sta con Letta non ha dove andare, perché a destra troverebbe il muro di Meloni e Berlusconi. Quanto a Salvini, mai fare previsioni. La Lega è “mobile qual piuma al vento” e potrebbe anche rinverdire l’antico amore del 2018 per i pentastellati. Chissà.
Problema più delicato per Letta è la galassia di centro con le stelle confliggenti di Calenda e Renzi che premono perché il Pd rompa con i 5S. Ma anche questo gruppone che vede in Draghi il suo faro, non ha alternative: se non rimane agganciato -con tutte le cautele del caso- a sinistra difficilmente potrà sbarcare sui lidi del centrodestra saldamente presidiati da una donna poco incline ai compromessi.
Meloni è quella che ha più problemi in casa. Per lei vale l’antico adagio: dagli amici mi guardi Iddio che dagli amici mi guardo io. La leader che ha portato FdI dal 4% in Parlamento all’attuale 23% nei sondaggi, continua la marcia trionfale a danno soprattutto di una Lega in stato confusionale.
Il partito di Salvini è una barca che cambia rotta ad ogni mutar di vento e rischia di scuffiare. La batosta sui referendum è esemplare: Salvini può prendersela con chi vuole ma se non ha convinto neanche i suoi elettori ad andare alle urne la responsabilità e solo sua e del suo partito, con l’eccezione lodevole di Calderoli. Più Salvini si indebolisce più cresce l’ostilità contro Meloni dell’asse Lega-Forza Italia che non si rassegna all’idea di un eventuale governo di centrodestra guidato dall’agguerrita Giorgia.
Letta non rinuncia al suo “campo largo”, ma dovrà attentamente sminarlo dai capricci di parte dei 5S e del duo dissonante Renzi-Calenda
Meloni ha un campo, sulla carta, ben definito. Ma anche per lei è necessario scovare i trappoloni che Salvini e Berlusconi possono costruire a sua insaputa. Le converrebbe e circondarsi di buoni artificieri che, conoscendo bene Forza Italia e Lega la aiutino a disinnescare per tempo insidie fastidiose.