Le vie della previdenza iniziano a delinearsi al di là della riforma che per ora è messa in attesa di tempi migliori. Come è noto fino al 31 dicembre sarà in vigore Quota 102, il ponte transitorio deciso dal
governo, dopo ci sarà solo il ritorno alla contestata legge Fornero, con l’uscita dal lavoro a 67 anni di età. Ls difficoltà di trovare soluzioni in pochi mesi sono evidenti, nel contempo si sintetizzano proposte che
possono segnare una svolta perché capaci di mettere d’accordo più interlocutori. Sono tre le proposte che tornano in primo piano, il “Contratto di Espansione”, una uscita anticipata per i lavoratori delle aziende in crisi, e infine, il “Piano Tridico”. In questa ultima proposta, elaborata dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, il punto di forza è nella flessibilità in uscita e un assegno che percepirà il neo pensionato che non subirà tagli evidenti, ma un “taglietto”. Il progetto prevede una uscita a 63 o 64 anni con un conteggio mix tra il retributivo e, (successivamente), scatta il calcolo contributivo. La discussione è aperta. Per il Governo non devono esserci aggravi sui conti pubblici, – e la proposta va in questo senso -, per i sindacati l’assegno non deve subire eccessive penalizzazioni.
Tagliare l’età non l’assegno
Il problema sollevato dai sindacati è quello di portare l’età della pensione tra i 63 e i 64 anni, ma senza che si riduca troppo l’assegno previdenziale. La priorità rimane la flessibilità in uscita. Tema che per Cgil, Cisl e Uil non può avere scorciatoie. In questi giorni si parla, con risultati positivi, delle vie alternative per andare in pensione anticipatamente. Senza che il peso dell’assegno ne sia ridotto.
Alternative: espansione e crisi
Tra le nuove possibilità di andare in pensione prima, ci sono quelle destinate ai lavoratori di imprese in difficoltà e quelle che possono fare spazio e nuove assunzioni. Sono opportunità che si fanno strada
dopo alcuni aggiustamenti e nuovi incentivi.
Le tipologie sono state introdotte negli anni passati, e rimaste un po’ in sordina, ma con gli ultimi ritocchi appaiono pronte per essere poste sotto i riflettori per avere una nuova vita.
Fondo da 550 milioni
Una proposta che oggi viene rivalutata con interesse è il “Contratto di Espansione”. Piano che è stato prorogato per altri due anni con una novità sostanziale. A poter accedere al “Contratto” sono anche i
dipendenti delle aziende medio-piccole che versano in uno stato di crisi. La svolta è stata anche benedetta da un fondo di 550 milioni di euro, che permette una nuova chance di uscite anticipate per chi stipula
l’accordo entro il 2024. Fatto importante, l’accordo raggiunto con le rappresentanze sindacali e l’adesione dei lavoratori deve essere su base volontaria.
In uscita 10-20 mila lavoratori
Interessante anche il numero dei potenziali lavoratori coinvolti, platea composta da 10-20 mila dipendenti. Su questa misura lo Stato ha previsto un impegno economico fino al 2024. Queste le cifre ripartire. La legge di Bilancio pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2021, nell’articolo 1, comma 89, ha stanziato per il 2022 150 milioni di euro; 200 milioni per il 2023 e anche per il 2024. I soldi andranno a sostegno delle aziende piccole e medie in crisi che vogliano avviare un piano di uscita anticipata dal lavoro per i loro dipendenti con un assegno “ponte” fino al raggiungimento dei requisiti regolari. Inoltre, segno che sulla previdenza molte cose sono in movimento la disciplina di questo nuovo strumento verrà specificata in un decreto dello Sviluppo economico che verrà pubblicato in questi giorni.
Entro i giovani fuori i pensionati
Le aziende coinvolte, comunque, sono quelle che hanno non meno di 15 dipendenti, il cui fatturato annuo non superi i 50 milioni di euro, oppure con bilancio annuo non superiore ai 43 milioni. Un requisito è
imprescindibile per l’azienda, quello di aver registrato una diminuzione media del fatturato del 30% rispetto alla media del 2019, nei 12 mesi precedenti alla richiesta.
Tre anni di anticipo sull’età Per quanto riguarda i lavoratori che possono accedere all’uscita anticipata, questa può essere al massimo di tre anni. Dunque, entro il 31 dicembre 2024, si deve raggiungere l’età
della pensione di vecchiaia (67 anni e almeno 20 anni di contributi) o l’età del pensionamento anticipato (42 anni e 10 mesi per gli uomini; 41 anni e 10 mesi per le donne). In quest’ultimo caso, però, si devono
avere compiuti almeno 62 anni di età.
L’assegno al 90% del valore
L’indennità mensile riconosciuta, fino al raggiungimento dell’assegno pensionistico previsto, è pari al 90% della pensione lorda maturata al momento dell’uscita dal lavoro. Il percorso burocratico per l’azienda è
semplice. L’impresa deve presentare domanda all’Inps non meno di 90 giorni prima della data di uscita dal lavoro del dipendente. I requisiti dei dipendenti possono essere autocertificati e consegnati insieme
all’accettazione volontaria della risoluzione consensuale e all’accordo collettivo con l’elenco dei lavoratori che aderiscono all’esodo.