Tra i 90 ai 110 mila lavoratori che mancano all’appello. Alla vigilia delle grandi campagne di raccolta, dalla frutta estiva alla vendemmia, è già allarme nei campi italiani per la carenza di manodopera.
Crollo dei lavoratori stagionali
I giustificati timori arrivano dalla Cia-Agricoltura che teme una crisi della raccolta stagionale definendola “a forte rischio”. La Confederazione sottolinea i tanti problemi che stanno riscontrando le aziende agricole nel reperire risorse da impiegare nelle aree rurali. “Preoccupano, prima di tutto, i ritardi del Decreto flussi”, fa presente la Cia-Agricoltura, “sia rispetto allo sblocco delle pratiche relative al 2021 sia rispetto all’emanazione del decreto per il 2022 in un Paese in cui la manodopera straniera rappresenta ormai stabilmente un terzo (29,3%) della forza lavoro complessiva in agricoltura”.
Costi e burocrazia
La Confederazione italiana agricoltori inoltre elenca i problemi irrisolti. Sono diversi e tutti a carico delle imprese che sono costrette ad una sfida tra più fronti. “Restano, poi, i problemi legati a costi, burocrazia e rigidità degli strumenti”, ribadisce Cia, “Il fabbisogno delle aziende agricole, infatti, è legato a determinati periodi dell’anno, per cui vanno necessariamente messe in campo politiche per una maggiore semplificazione e flessibilità del lavoro, come sperimentato con i voucher, per consentire anche a giovani, pensionati e percettori di reddito di cittadinanza di integrare il loro reddito attraverso il lavoro occasionale in agricoltura, e senza oneri eccessivi per le imprese”.
Accordi con Agenzie interinali
Una possibilità per ridurre la carenza di lavoratori è quella di sottoscrivere accordi con agenzie interinali fortemente radicate sul territorio, in grado di avviare percorsi virtuosi anche nelle aree interne. “Chiediamo al Governo di intervenire quanto prima”, propone il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, “per andare incontro alle esigenze delle imprese agricole, la cui sostenibilità economica è già fortemente destabilizzata dai costi di produzione alle stelle, con i rincari eccezionali di materie prime ed energia, e dall’instabilità dei mercati. L’agricoltura non può smettere di produrre”, conclude Fini, “ma le istituzioni devono comprendere che gli agricoltori non possono continuare a lavorare in perdita”.