sabato, 16 Novembre, 2024
Politica

L’Italia è vicina al punto di non ritorno

Che si sia arrivati molto vicino al punto di non ritorno è ormai quasi certo. La politica e i politici hanno deluso tutti gli italiani, tanto da non farli più andare neppure a votare. Molti avevano sperato nei grillini ma è rimasta solo una speranza. 

Sarà difficilissimo riprendere un cammino virtuoso; ci siamo anche illusi che lo slogan della legalità avesse portato benefici consistenti e invece la legalità, sbandierata in tutte le assemblee e le piazze si è dimostrata anch’essa, solo propaganda. 

Ci dispiace scriverlo ma forse la prima repubblica, con tutti i suoi difetti, era strutturata in modo da garantire un qualche sviluppo e una certa tutela del welfare. 

La politica della cosiddetta seconda repubblica e in questa che considerano la terza, si è avventurata su percorsi sconosciuti legati più a slogan d’effetto che a reali provvedimenti di riforma. Flat tax, reddito di cittadinanza, quota 100, euro non euro, ed altri mantra sventolati nelle ospitate televisive e nelle piazze, hanno rappresentato, una volta attuati, tutt’altro che riforme strutturate. Nulla di veramente concludente. Solo un gran chiasso elettoralistico. Balconi illuminati nella notte per far sapere che si era giunti ad un accordo così come lo volevano, con i punti di deficit più alti ci hanno piuttosto rattristito, ma lasciamo stare. Il risultato è davanti a tutti.

L’ultimo caso dell’ex ILVA, che non è l’ultimo a nostro avviso, ma solo il primo di una serie di casi di crisi aziendali che si presenta piuttosto lungo, ci sta dimostrando l’inconcludenza di una classe dirigente impreparata, soprattutto dal punto di vista culturale,  alle nuove sfide mondiali.

Forse si doveva iniziare da una riforma universitaria seria. È nelle università che si formano i nuovi cittadini ed è all’interno delle università che si sviluppano teorie, ricerche e proposte. Se la nostra università, sia pubblica che privata, è diventata in questi ultimi decenni solo scuola post liceo e centro di produzione di lauree e laureette utili solo per completare gli arredi degli studi, è stata colpa anche dell’incapacità di visione degli ultimi governi.

Le università si sono moltiplicate in Italia, non per diffondere più cultura e promuovere ricerca ma solo per distribuire titoli di studio senza fare fatica. Studiare, per prendere la laurea, è oggi un’opzione fastidiosa. La laurea si prende senza le lezioni dei professori: sono troppo faticose da frequentare. Non che siamo contrari alle università online, anzi, però gli studenti dovrebbero comunque studiare. Solo con lo studio serio si riuscirà a ri-formare nuovi politici e cittadini consapevoli. 

Molti degli attuali politici, purtroppo, non sono laureati però potrebbero anche mettersi a studiare. “Non è mai troppo tardi”, i più vecchi sanno il significato profondo di questo slogan. Dove pensano di trovare, i nuovi dirigenti, le soluzioni ai problemi, se non nello studio dei fenomeni mondiali. Si iscrivano ai corsi di studio che più gli si addicono ma riprendano a studiare. Alcuni sono talmente giovani che è anche impossibile giustificare la loro ignoranza. Perché hanno scelto subito la politica anziché lo studio. Non vorremmo scrivere che la politica gli è sembrata più facile e immediata; lo studio richiede sacrificio,  è lungo e complesso. Le conseguenze di queste scelte però, stanno ricadendo sugli italiani.

Troppo poco colti gli attuali nuovi politici catapultati da una valanga di voti sugli scranni del parlamento. Una volta eletti però, avrebbero potuto anche iniziare ad acquisire,  mettendosi seriamente in discussione, nuove conoscenze e competenze. Dedicarsi a cercare soluzioni improbabili a problemi  di cui non erano neppure a conoscenza non è stata, per loro e per gli italiani, una grande vittoria.

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