mercoledì, 25 Dicembre, 2024
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Armi, sanzioni e tempi della pace. Se Putin ragionasse

Quando finirà la tragedia che non sarebbe mai dovuta iniziare? Dipende solo da Putin. Lui ha scatenato l’incendio e tocca a lui spegnerlo. Se volesse potrebbe scrivere la parola fine anche domani. Ma dovrebbe ragionare e non pretendere di imporre il fatto compiuto. Ha invaso illegalmente un Paese sovrano. Ha cercato di occuparlo tutto, fallendo. Controlla il 20% dell’Ucraina ma non può pensare che Kiev possa accettare questo fatto compiuto e arrendersi. L’Ucraina non solo ha diritto di esistere-cosa che Putin il 23 febbraio ha esplicitamente negato-ma ha anche il dovere di riprendersi territori occupati illegalmente. Certo, Kiev dovrà tener conto di situazioni locali particolari come la Crimea e le regioni di Donetsk e Lugansk. Ma, come abbiamo più volte scritto, è Putin che oggi trarrebbe il maggior vantaggio dalla fine delle ostilità. Il tempo non gioca a suo favore.

L’effetto combinato di armi e sanzioni comincerà a sentirsi solo fra qualche settimana. Le sanzioni hanno bisogno di tempo : dimostrano la loro efficacia con qualche mese di ritardo dalla loro adozione. Graveranno sull’economia e la società russa in maniera pesante da settembre e in modo forse insostenibile dall’inizio del 2023 quando scatterà l’embargo sul petrolio di Mosca.

Nel frattempo, l’arrivo di artiglieria pesante moderna dai Paesi Occidentali darà alle forze armate di Zelensky gli strumenti non solo per ostacolare l’avanzata di Putin ma anche per lanciare una controffensiva per riprendersi parte dei territori ora controllati da Mosca.

Putin dovrebbe accontentarsi di tenersi la Crimea, di ottenere un’ampia autonomia per la componente russofona del Donbass e poco o nulla di più.

A queste condizioni Mosca potrebbe ottenere la fine alla guerra adesso. A pace firmata potrebbe chiedere la fine delle sanzioni: metterebbe in difficoltà l’Occidente ed eviterebbe gli effetti più disastrosi delle ritorsioni di Europa e Usa.

Ma per fare questo dovrebbe usare la logica, pensare al vero benessere del suo Paese e non alle sue manie imperiali, riannodare il dialogo spezzato con l’Occidente per non finire come lo scendiletto della Cina.
Citando, a suo dire, Napoleone, Lenin scrisse (1923): “on s’engage et puis l’on voit; ci si impegna in un combattimento serio e poi si vede“. Per Putin è arrivato il momento di aprire gli occhi e di guardare in faccia la realtà e non rimanere prigioniero di fantasmi e illusioni.

Fonte foto: en.kremlin.ru

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