“Si muore sul lavoro per la cattiva organizzazione del lavoro, non solo di infortuni e malattie professionali”. È uno dei passaggi particolarmente significativi del Senatore Gianclaudio Bressa, Presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, sottolineato al Senato durante la presentazione della Relazione Intermedia della medesima Commissione, alla presenza del Ministro del Lavoro Andrea Orlando, della Presidente della Commissione Lavoro del Senato Susy Matrisciano e del Direttore Capo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro Bruno Giordano.
Oltre all’approvazione all’unanimità dell’interessantissimo e sostanzioso documento di 411 pagine, dove per la prima volta sono state indagate le “condizioni di lavoro nel nostro Paese”, non limitandosi allo sfruttamento del lavoro e alla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, è stato raggiunto un primo e importante successo con la presentazione del disegno di legge presentato il 24 scorso su “Disposizioni volte a tutelare il lavoro nei casi di utilizzo di piattaforme digitali e a contrastare i fenomeni di sfruttamento lavorativo” settore, fino ad oggi non sufficientemente approfondito.
È il caso, a questo punto, di far comprendere il rischio “Organizzazione del lavoro”, ancora non analizzato con la giusta attenzione nei Documenti per la Valutazione del rischio (VDR), alla base di non pochi eventi dannosi e patologie professionali.
I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato, componenti dell’organizzazione del lavoro, rappresentano una delle sfide principali con cui è necessario confrontarsi nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro in quanto hanno considerevoli ripercussioni sulla salute delle singole persone, ma anche su quella delle imprese e delle economie nazionali.
Circa metà dei lavoratori europei considera lo stress comune nei luoghi di lavoro e ad esso è dovuta quasi la metà di tutte le giornate lavorative perse. Come molte altre questioni riguardanti la salute mentale, spesso lo stress viene frainteso o stigmatizzato. Tuttavia, se li si considera come un problema aziendale anziché una colpa individuale, i rischi psicosociali e lo stress possono essere gestibili come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro.
I rischi psicosociali derivano da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo socialmente mediocre e possono avere conseguenze psicologiche, fisiche e sociali negative, come stress, esaurimento o depressione connessi al lavoro. Alcuni esempi di condizioni di lavoro che comportano rischi psicosociali sono:
- carichi di lavoro eccessivi;
- richieste contrastanti e mancanza di chiarezza sui ruoli;
- scarso coinvolgimento nei processi decisionali che riguardano i lavoratori e mancanza di influenza sul modo in cui il lavoro viene svolto;
- gestione inadeguata dei cambiamenti organizzativi, precarietà del lavoro;
- comunicazione inefficace, mancanza di sostegno da parte dei colleghi o dei superiori;
- molestie psicologiche e sessuali, violenza da parte di terzi.
Quando si considerano le richieste lavorative, è importante non confondere i rischi psicosociali, come un carico di lavoro eccessivo, con condizioni stimolanti, sebbene talvolta impegnative, in cui esiste un ambiente di lavoro che dà sostegno e i lavoratori sono correttamente preparati e motivati a utilizzare al meglio le loro capacità. Un buon ambiente psicosociale consente di promuovere il miglioramento delle prestazioni, lo sviluppo personale e il benessere fisico e mentale dei lavoratori.
I lavoratori soffrono di stress, invece, quando le richieste della loro attività sono eccessive e più grandi della loro capacità di farvi fronte. Oltre ai problemi di salute mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono sviluppare gravi problemi di salute fisica come le malattie cardiovascolari o i disturbi muscoloscheletrici.
Per le imprese gli effetti negativi possono essere una scarsa redditività complessiva, un maggiore assenteismo, il presenteismo (le persone continuano ad andare a lavorare quando sono malate e non possono essere efficienti) e un aumento dei tassi di incidenti e infortuni. Le assenze tendono ad essere più lunghe di quelle dovute ad altre cause e lo stress lavoro-correlato può contribuire ad aumentare i tassi di prepensionamento. I costi per le imprese e la società sono considerevoli e vengono valutati in miliardi di euro a livello nazionale. Adottando il giusto approccio, è possibile prevenire e gestire con efficacia i rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato, a prescindere dalle caratteristiche o dalle dimensioni dell’impresa, e affrontarli con la stessa logica e sistematicità riservate ad altre questioni di salute e sicurezza sul lavoro.