Le malattie ultra-rare sono patologie che mediamente registrano in Italia poche decine di casi, come le persone affette dal deficit di sfingomielinasi acida (ASMD), storicamente conosciuto come malattia di Niemann-Pick di tipo A, A/B o B, o da una particolare forma di epilessia causata dalla mutazione del gene SCN2A – persone che non di rado devono vivere una lunghissima e tortuosa odissea per arrivare alla diagnosi e che una volta dato il nome alla propria patologia spesso non hanno valide opzioni terapeutiche. Tuttavia, grazie alla ricerca ci sono anche patologie ultra-rare che oggi hanno o sono vicine ad avere una terapia, patologie per le quali esistono ormai dei test consolidati per fare la diagnosi, anche in fase molto precoce, e per le quali esistono associazioni di pazienti di riferimento in grado di offrire un appoggio in più sul proprio cammino. Ma non è difficile immaginare quali possano essere le necessità e le difficoltà di chi ha una malattia “ultra rara” (un caso su un milione), conoscendo già quelle delle persone affette da malattie rare (5 casi su 10mila persone).
Negli ultimi anni su questo tema l’attenzione è cresciuta e delle malattie ultra-rare si parla anche nelle agenzie regolatorie: il dibattito su queste patologie rappresenta uno dei punti chiave della revisione del Regolamento (CE) n. 141/2000 sui farmaci orfani, con l’obiettivo di produrre una normativa in grado di rispondere sempre più concretamente alle esigenze mediche insoddisfatte e incentivare ricerca e sviluppo di terapie trasformative. Un esempio europeo è il Progetto “PRIME” di EMA. “PRIME” è un progetto lanciato dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per rafforzare il sostegno allo sviluppo di medicinali che mirano a un’esigenza medica insoddisfatta. “Gli unmet needs dei pazienti senza alternative di trattamento rappresentano una priorità per le istituzioni europee. Per questa ragione, nel 2016, è stato ideato PRIME-PRIority MEdicines, con l’obiettivo appunto di supportare lo sviluppo di queste terapie.
I dati relativi ai primi cinque anni sono stati di recente pubblicati dimostrando l’impatto positivo generato da questo programma in tema di autorizzazione all’immissione in commercio di nuovi medicinali e di riduzione delle relative tempistiche”, ha commentato Armando Magrelli, Vice-Chair of Committee Orphan Medicinal Products, Agenzia Europea per i medicinali-EMA, in occasione dell’evento “Malattie ultra rare, i bisogni dei pazienti e le risposte del sistema in Europa e in Italia”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare con il contributo non condizionante di Sanofi. “Le malattie ultra-rare sono per lo più caratterizzate da condizioni cliniche gravi e invalidanti, con esordio infantile e spesso la mancanza di una terapia è causa di esito infausto, con un picco sicuramente più frequente nei primi anni di vita. Le soglie di prevalenza, che permettono la distinzione tra una patologia rara e una ultra-rara, possono differire tra Paese e Paese in base alle leggi vigenti – ha spiegato Carlo Dionisi Vici, Responsabile di Malattie Metaboliche, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma -. Inoltre, la bassa incidenza spesso influisce sulla ricerca di nuove e efficaci terapie rendendo difficile l’arruolamento dei pazienti negli studi clinici e il raggiungimento dei numeri richiesti per l’interpretazione della validità dei dati dello studio”.
Di conseguenza lo sviluppo e la ricerca dei farmaci per le patologie ultra-rare possono richiedere tempi lunghi e avere costi particolarmente elevati, che influiscono sul prezzo della terapia una volta inserita sul mercato, soprattutto se si tratta di medicinali biologici o di terapie avanzate, come le terapie geniche. “Nell’ambito delle malattie rare, che colpiscono meno di una persona su 2mila, alcune sono chiamate ultra-rare perché hanno una frequenza inferiore a un caso su un milione: spesso non hanno neppure una denominazione e vengono identificate col nome del gene mutato che provoca la malattia – ha dichiarato Andrea Pession, Presidente SIMMESN – Pediatria IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna -. La diagnosi delle patologie metaboliche è un processo delicato e complesso che richiede una sintesi fra il quadro clinico e il profilo dei biomarcatori e, per questo motivo, è essenziale rivolgersi a Centri specialistici di comprovata competenza ed esperienza. La precocità della diagnosi rappresenta un alto valore in senso prognostico in quanto permette di intraprendere tempestivamente, nelle malattie curabili, il trattamento specifico ed evitare i danni clinici conseguenti alla malattia o il loro aggravamento.
Negli ultimi anni il progresso tecnologico ha reso possibile lo screening neonatale per un ampio gruppo di malattie metaboliche, offrendo la possibilità della diagnosi e del trattamento fin dall’epoca neonatale, prima dell’insorgenza dei sintomi”. Tra le malattie ultra-rare vi è certamente il deficit di sfingomielinasi acida che, come ha ricordato Annalisa Bisconti, Associazione Italiana Niemann Pick ONLUS – Alleanza Malattie Rare, “è una patologia genetica cronica e degenerativa che può insorgere sia nei bambini che negli adulti con sintomi iniziali lievi o severi”. La malattia di Niemann-Pick fa parte di un gruppo di malattie metaboliche ereditarie caratterizzate da un eccessivo e dannoso accumulo di lipidi in diversi organi – in particolare di cervello, milza, fegato, polmoni e midollo osseo. Vi sono tre tipologie di Niemann-Pick: A, B e C. Negli ultimi anni è stato creato l’acronimo ASMD sotto al quale vengono inseriti il tipo A, B e A/B poiché i meccanismi che sottendono la malattia sono differenti dal tipo C e differente è il gene coinvolto.
Il quadro clinico della ASMD è estremamente complesso e vario. Coinvolge sia il sistema nervoso centrale (più nel tipo A e A/B) sia organi periferici come fegato e milza (causandone l’ingrossamento) e polmoni. Il grado di coinvolgimento degli organi e i disturbi causati dalla malattia sono estremamente variabili da persona a persona, in base al tipo, all’età a cui compare e al modo in cui progredisce. “Ricevere una diagnosi corretta è complicato – ha aggiunto Bisconti – proprio perché le manifestazioni della malattia sono molto differenti da una persona all’altra. Per il medico non è semplice pensare alla ASMD come possibile diagnosi, ma la tempestività in questi casi può davvero fare la differenza. Per questa patologia, come per tante altre, potrebbe esserci presto la possibilità di beneficiare dello screening neonatale: ci auspichiamo che questo possa avvenire presto”.