mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Lavoro

Cna: al Made in Italy serve una contrattazione di qualità, no al salario minimo

Contrattazione di qualità per definire scelte calzanti per i diversi modelli e ambiti produttivi. Questa la scelta della Confederazione nazionale degli artigiani (Cna) che critica l’ipotesi di un salario minimo e di quelle norme europee che non tengono conto delle specificità produttive. Inoltre prendendo spunto dalla riforma del mercato del lavoro spagnolo, la Confederazione ricorda che il successo di quelle contrattazioni sono frutto di regole che rappresentano la sintesi raggiunta da imprese e sindacati dove l’architrave è la centralità della contrattazione collettiva.

Incursioni nelle materie sociali

“In Italia invece”, sottolinea la Cna, “troppo spesso si assiste a incursioni e invasioni di campo del legislatore anche su materie che attengono alle parti sociali. La contrattazione collettiva viene depotenziata da norme di legge e complicata dal recepimento di direttive europee, come ad esempio le “Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili” che rischia di incidere su una serie di istituti contrattuali”.

Le esigenze produttive e l’Italia

Per la Confederazione l’unica via è quella di una contrattazione di qualità, “capace di cogliere le specifiche esigenze dei settori che caratterizzano il nostro tessuto produttivo”. Solo il maturo confronto tra le parti sociali più rappresentative può fornire risposte efficaci a un panorama eterogeneo, declinando soluzioni condivise. “Il “contratto” è un abito su misura per valorizzare con maggiore vigore il Made in Italy”, scrive la Cna, “La norma di legge invece rischia di essere un prodotto a taglia unica, incapace di individuare e valorizzare i punti di forza di ciascun settore produttivo”.

Salario minimo non percorribile

Sul piano legislativo, a giudizio della Confederazione degli artigiani, negli ultimi anni, si sono susseguiti vari progetti di legge, molti dei quali prevedono di individuare, con un dato numerico-quantitativo, un salario minimo. “Si tratta di proposte non percorribili, in quanto provocherebbero una grave crisi a tutto il sistema della contrattazione collettiva e aprirebbero la strada a complesse questioni interpretative e incertezze”, sottolinea la Cna, “Tra i punti da chiarire si possono indicare il conteggio della soglia minima retributiva oraria di tutti gli elementi che compongono la cd. retribuzione differita (ferie, permessi, quota del Tfr). Inoltre, come poter conteggiare”, si chiede la Cna, “le prestazioni della bilateralità, che integrano la retribuzione e alzano notevolmente il potere d’acquisto dei lavoratori”.

Contrattazione e valore sociale

La Confederazione sottolinea come i risultati possono essere raggiunti solo con una contrattazione fatta dai soggetti protagonisti, le organizzazioni datoriali e sindacali.
“Affinché il sistema sia efficiente e in grado di fissare una “retribuzione proporzionata e sufficiente” è fondamentale la qualità della contrattazione”, scrive la Cna, “che può essere assicurata soltanto dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative e non da quelle organizzazioni marginali che puntano a squilibrare il mercato del lavoro. Al riguardo, è necessario sgomberare il campo da un equivoco di fondo: non è possibile ipotizzare che la rappresentatività possa essere misurata con lo stesso parametro in contesti differenti.
Nel comparto dell’artigianato”, conclude la Confederazione, “ad esempio, c’è un fattore che non deve essere ignorato: la bilateralità, che agisce a beneficio dei lavoratori e delle imprese, creando valore sociale per tutto il sistema”.

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