Non possiamo dire che non lo sapevamo. Il Governo Conte II, rimane ancora oggi una scelta che rappresenta un azzardo e una scommessa. Un azzardo perché sappiamo che questa volta non ci potranno essere alibi. Le decisioni saranno politiche e ricadranno sulle spalle del M5s e soprattutto del Pd che ha deciso di puntare sulla guida dell’Economia. La scommessa invece sta nel fatto che il Governo italiano sia messo in condizione di rilanciare una politica di sviluppo, a partire dagli investimenti, anche attraverso un rapporto non più conflittuale con la Ue.
È certo comunque che la formazione del nuovo Governo Conte ha determinato un cambiamento sostanziale della situazione politica italiana. Di fatto gli eventi politici che hanno determinato la formazione del nuovo esecutivo e la nascita del nuovo soggetto politico guidato da Matteo Renzi, attraverso la scissione “morbida” del Partito Democratico, hanno profondamente mutato il quadro politico fornendo risposte concrete sul destino dei principali partiti che non riuscivano o non volevano trovare risposte convincenti.
Comunque considerata la genericità del programma di governo, senza dubbio condivisibile ma poco concreto, non è chiaro quali risultati potrebbe riuscire a ottenere questo esecutivo. In ogni caso, l’opinione pubblica ancora oggi sembra nutrire scarse aspettative nei confronti del Governo Conte II e in particolare sulla tenuta della nuova maggioranza M5S – PD. In estrema sintesi e da quanto emerso dalla Manovra di Bilancio, prevale la convinzione che la nuova amministrazione governativa tenterà di strappare alla Commissione europea ulteriori deroghe alle restrizioni di bilancio imposte dal patto di stabilità per traghettare fino all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, quindi fino agli inizi del 2022.
Ma purtroppo le cose non stanno andando come qualcuno aveva pensato. Nonostante si sia dimostrato che in Italia la politica nei confronti dell’Ue ha subito un cambio di rotta drastico, all’insegna della collaborazione per una riforma condivisa delle istituzioni europee e di un superamento dell’austerity, come richiesto da molti Paesi dell’Europa meridionale tra cui anche Spagna, Grecia e Francia, la Commissione europea pone il nostro Paese ultimo in Europa.
Le stime prevedono che l’Italia crescerà meno di quanto atteso e nel 2020 avanzerà soltanto dello 0,4% a fronte dello 0,7% stimato a luglio. L’economia italiana è in stallo dall’inizio del 2018 e non mostra purtroppo segnali significativi di ripresa e lascia invariate le previsioni dell’esecutivo dell’Ue sul Pil 2019 (+0,1%). Quel che preoccupa di più è l’incremento del debito pubblico che secondo i conti di Bruxelles nel 2019 salirà a 136,2%, e nel 2020 a 136,8% e le cause sono imputabili alla debole crescita del Pil nominale, al deterioramento dell’avanzo primario e all’aumento dei costi per le misure intraprese di recente relative al reddito di cittadinanza e quota 100.
Quanto al deficit, per la Commissione si attesterà al 2,2% per il 2019 e in leggero aumento al 2,3% nel 2020 e come se non bastasse lo spread (indice utilizzato come parametro di riferimento per poter determinare la stabilità economica di un Paese in correlazione con il contesto internazionale) nelle ultime ore sale a 145 punti. Finanza da una parte (spread e Borsa), economia reale dall’altra e in mezzo, i bilanci delle famiglie.
Il problema dell’Italia è la sua debolezza strutturale nel senso che se l’economia mondiale rallenta, noi rallentiamo di più. Purtroppo c’è poco da fare, se non si mette mano al debito pubblico, alla produttività delle nostre imprese, se non si ottimizzano gli investimenti pubblici e privati, e se non si alleggerisce la pressione fiscale, non avremo possibilità di uscirne fuori.
La verità è che ci siamo accorti che l’Italia, nonostante il susseguirsi di governi di vario colore, è in recessione da tempo e che per uscirne fuori non bastano Manovre di Governo ma bisognerebbe ripartire dai fondamentali e cambiare il nostro modo di pensare: questione di mindset.