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Economia e guerra. Cresce il debito. Stabilità a rischio

domenica, 1 Maggio 2022
2 minuti di lettura

La pandemia ha fatto crescere il debito del 20%, portandolo al 150,8% del PIL. Chiedo scusa: ma non era rimbalzato – il PIL – in maniera “entusiasmante” nel 2021, del 6,1%, contro ogni aspettativa? Ma non erano stati stanziati tantissimi miliardi – il conto è perso, ormai – del PNRR (e nostri) in deroga alle regole Ue?

Non a caso il Commissario Gentiloni aveva chiesto – senza successo – qualche mese fa ai partners europei di consentirci ulteriori sforamenti, anzi di rivedere la regola del 3% di rapporto debito/PIL. E il governo Conte aveva speso, per fronteggiare la pandemia, oltre 150 miliardi di euro, dei quali non abbiamo obiettivi riscontri in termini di miglioramento delle nostre strutture sanitarie e, a parte la salvifica azione dei vaccini, gli sprechi continuano ad essere sotto l’occhio della magistratura.

Capiamoci: un’economia si riprende agendo sia sulla domanda che sull’offerta. E ciò si ottiene, da che il mondo è mondo, con iniezioni selettive di liquidità alle famiglie e benefici fiscali, ristori e sgravi alle imprese. La proposta ora è di dare 800 milioni a queste ultime per la contingenza energetica; Confindustria ne chiede 16 miliardi. C’è una leggera divergenza di stime. E gli imprenditori stanno dimostrando di saper fare di conto, date le perdite annoverate, a causa di provvedimenti altalenanti e mai chiari sulla pandemia, chiusure e restrizioni.

L’euro è ai minimi sul dollaro da 5 anni; l’economia Usa è ovviamente più forte della nostra, anche dopo la guerra, pure perché l’America non è (all’apparenza) direttamente in guerra, nemmeno noi. Ma si sa, solo se si vuole fare ricorso a paradigmi economici noti a tutti, e senza facili dietrologie, che una guerra – se la si protrae senza azioni diplomatiche (non mi pare annunciate) – crea sovracosti, shock esogeni ai sistemi più sani, figuriamoci all’economia Ue.

La Russia ha onorato il maxi-bond in scadenza di 600 milioni di dollari, e se lo ha fatto c’è una sola ragione di commento: le sanzioni non stanno ancora dispiegando gli effetti desiderati. Mosca ha incassato sino ad oggi 60 miliardi di dollari dalle esportazioni nette, ciò che la tiene (meglio del previsto, a quanto pare) in vita.

Non mi pare possano dire lo stesso il resto delle economie coinvolte direttamente (Ucraina) e indirettamente (Nato e Ue) dalla crisi, fermo rimanendo che la partita del gas per ora vede ancora gladiatori non del tutto sinceri. La materia prima serve, e si paga. Gli Usa sono il primo produttore energetico mondiale, noi no. Con il massimo degli sforzi, diverremmo autonomi (presuntivamente) dal gas russo a partire dal 2026.

Paghiamo per una decisione scellerata di Mosca. Ma non basta trincerarsi dietro la criminalizzazione di Putin per far ripartire un sistema economico che è poco “moralista”, e si basa su aspettative razionali ed azioni concrete e immediate, senza tentennamenti e proclami bellicosi. Senza dire che l’eventuale blocco alle importazioni di gas russo, secondo Banca d’Italia (non secondo pericolosi fiancheggiatori di Putin) porterebbe l’Italia in recessione, e l’Europa pure.

*Direttore Centro di Ricerca su Sicurezza e Terrorismo

Ranieri Razzante*

Dottore commercialista e Revisore dei conti, Avvocato in Roma.
Consigliere per la Cybersecurity del Sottosegretario alla Difesa.
Docente di “Intermediazione finanziaria e Legislazione antiriciclaggio” nell’Università di Bologna (sede di Forlì), e di “Diritto dell’Economia” presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale.
Docente titolare altresì di “Legislazione antiriciclaggio e antiterrorismo” presso gli Istituti di Istruzione delle Forze dell’ Ordine.
È stato Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Fondatore e Presidente dell’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio (AIRA). Dirige il “Centro di Ricerca sulla Sicurezza ed il Terrorismo” (CRST) in Roma.
Opinionista TgCom 24 e Rai su tematiche legate alla Sicurezza e alla Geopolitica.
Direttore delle riviste “Diritto penale della globalizzazione” e “Antiriciclaggio & Compliance”.

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