Tre sembrerebbero i fronti critici che rallentano la transizione digitale della PA: competenze digitali, interoperabilità delle banche dati e semplificazioni. Lo rivela la “Relazione 2021 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini” a cura del Cnel. Non si parla solo del passaggio a strumenti digitali ma di una riorganizzazione del lavoro e di un cambiamento culturale e dei linguaggi di chi opera negli uffici pubblici così come degli utenti.
Le piccole amministrazioni le più incompetenti, meglio le PMI
Migliori risposte si sono avute dalle PMI, che hanno raggiunto un livello di intensità̀ digitale superiore alla media europea, quando il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale”, sottoscritto da Governo e sindacati, assegnava invece al personale della PA il ruolo di catalizzatore dello sviluppo del Paese. “La pandemia ha mostrato in modo drammatico quanto le attività delle amministrazioni pubbliche dipendano in maniera cruciale dalla qualità dei dipendenti pubblici – spiega il presidente del Cnel Tiziano Treu – Il capitale umano rappresenta il vero nodo critico del Paese. Questa realtà trova conferma nell’implementazione del Pnrr che richiede, con urgenza, sostegni mirati di assistenza tecnica alle amministrazioni per le operazioni più complesse. Le necessità di assistenza sono particolarmente evidenti per le piccole amministrazioni e i piccoli Comuni, molti dei quali sono privi delle competenze tecniche necessarie”.
Centrale il capitale umano
La Relazione del Cnel riconosce l’investimento che è già stato dal Governo fatto sul capitale umano pubblico nel 2021 e nel 2022 con il lancio di un grande piano strategico di formazione da due miliardi di euro per tutti i dipendenti pubblici fino al 2026, in collaborazione con le più grandi piattaforme tecnologiche mondiali. “Abbiamo anche sbloccato il turnover e i concorsi – ha sottolineato il ministro per la Pubblica amministrazione Brunetta -, abbiamo rinnovato i contratti di lavoro, abbiamo consentito alle amministrazioni locali di tornare ad assumere, sia per le attività ordinarie di reclutamento sia per quelle straordinarie necessarie per attuare il Pnrr”. In arrivo, poi, più di un milione di unità di lavoro a tempo determinato nell’arco dei prossimi cinque anni legate agli investimenti di reti digitali.
Partire dai più deboli: anziani, disabili, piccole imprese
L’innovazione non deve essere per pochi, non deve aggiungere barriere, ha ricordato poi Brunetta: “Entro il 2026 il Dipartimento della funzione pubblica deve provvedere alla semplificazione di 600 procedure complesse che impattano su tutti i gangli della vita economica e sociale del Paese. Partiamo dalla disabilità, partiamo dagli anziani, partiamo da chi non ha in mano la possibilità di affrontare la transizione digitale, di usare i servizi digitali”. E questo per il ministro vale anche per le piccole e piccolissime imprese. Il Governo ha già compiuto passi in direzione della semplificazione ma il compito di velocizzare senza intaccare le regole necessarie per garantire legalità e sicurezza è difficile e non è ancora concluso. Persistono ancora ostacoli procedurali, in alcuni casi normativi, che ostacolano la attuazione di importanti opere e servizi.
Ritardi nella connettività e interoperabilità delle banche dati
Sul piano infrastrutturale, la connettività̀ ha aumentato il livello di copertura e la diffusione delle reti, ma gli investimenti non sono sufficienti. “Restano ancora da recuperare ritardi rispetto agli standard europei – avverte il Cnel – nelle diverse applicazioni delle tecnologie digitali, a cominciare dalla interoperabilità e gestione delle banche dati e dei sistemi informativi, fino al superamento del digital gap da parte degli operatori pubblici come nella stessa società italiana”.