mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Politica

Tax freedom day: 7 giugno. Slitta l’incontro Draghi-Centrodestra

Con il premier Draghi positivo al Covid slitta l’incontro con il Centrodestra di Governo, su fisco e catasto. L’atteso vertice previsto in settimana dopo il confronto con i leader Tajani per FI, Salvini per la Lega, Cesa per l’Udc e Lupi di Noi con l’Italia; è stato rinviato mentre il tavolo tecnico composto al Ministero dell’economia e Finanze è al lavoro per armonizzare le proposte indicate al presidente del Consiglio.

Def, dibatto in Aula

I temi economici domineranno la settimana. Oggi il Documento di Economia e Finanze 2022, dopo il via libera del Consiglio dei ministri, approda alla Camera con previsioni al di sotto delle aspettative. Il Def infatti tiene conto dell’impatto della guerra, del caro carburanti, della crisi energetica, delle incertezze economiche derivanti dalla aggressione bellica della Russia contro l’Ucraina, che determineranno un rallentamento della economia italiana e globale. “Negli ultimi mesi dell’anno, il quadro economico si è deteriorato”, evidenzia il testo, “non solo per l‘impennata dei contagi da Covid-19 causata dalla diffusione della variante Omicron, ma anche per l’eccezionale aumento del prezzo del gas naturale, l’ulteriore impennata dei prezzi dell’energia, degli alimentari, dei metalli e di altre materie prime”, alla “flessione della fiducia di imprese e famiglie”, nel contempo per le diverse concause l’inflazione è schizzata alle stelle. Le stime di crescita per l’anno in corso, sono quindi scese attestandosi ora al 4,7% ma se le difficoltà aumenteranno, la crescita media nel 2022 potrebbe scendere al 2.3%. Le riforme di fisco, previdenza e lavori, che erano state agganciate alla crescita ora sono in attesa di una definizione e di un prossimo confronto che si annuncia particolarmente delicato.

La “tax freedom day”

Se l’anno scorso la pressione fiscale in Italia ha toccato il record storico del 43,5 per cento del Pil1, nel 2022, invece, è destinata a scendere al 43,1 per cento. In virtù di ciò, solo il prossimo 7 giugno (un giorno prima di quanto successo nel 2021) gli italiani celebreranno il tanto sospirato giorno di liberazione fiscale (o “tax freedom day”).
In altre parole, dopo più di 5 mesi dall’inizio del 2022 (pari a 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche), il contribuente medio italiano smetterà di lavorare per pagare tutti gli obblighi fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e dal 7 giugno inizierà a guadagnare per se stesso e per la propria famiglia.
È la proiezione fatta dall’Ufficio studi della società di studi economici e finanziari, Cgia di Mestre. Gli analisti fanno sapere che l’elaborazione di questo “contatore” è un “puro esercizio teorico; tuttavia, questa analisi è interessante perché dà la dimensione, quando la si compara con i risultati degli altri paesi europei, di quanto sia spaventosamente elevato il prelievo fiscale e contributivo in capo ai contribuenti italiani”.

Quanto incasserà lo Stato?

“Se teniamo conto anche del miglioramento delle principali variabili economiche”, evidenzia la Cgia, “che si riflette sull’andamento del gettito, secondo il Def lo Stato nel 2022 incasserà 39,7 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021”. Da segnalare che una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dell’inflazione che, secondo le previsioni, quest’anno potrebbe sfiorare il 6 per cento. “Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo”, osserva il Centro studi della Cgia, “restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere d’acquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche”.

Tasse in crescita

Guardando la serie storica che è stata ricostruita fino al 1995, il giorno di liberazione fiscale più “precoce” è stato nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per scrollarsi di dosso tutte le scadenze fiscali. Osservando sempre il calendario, quello più in “ritardo“, come dicevamo più sopra, si è registrato nel 2021, poiché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è slittato all’8 giugno.

Francia e Italia sul podio

Tra i big dell’UE, nello studio della Cgia solo la Francia ha un fisco più esoso dell’Italia.
Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante. Nel 2020 i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 5 giugno (quasi 157 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 6 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea.
Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+19), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 5 giorni prima che da noi, in Olanda 11 e in Spagna 20. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 20,7 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 76 giorni lavorativi, cominciando lavorare per se stessi il 16 marzo: 81 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”.

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