La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, inseriti da poco tra i diritti costituzionali, sono principi chiave con cui si garantisce il benessere per i cittadini di oggi e per le future generazioni, ma la riforma deve essere solo il primo passaggio per un vero cambio di paradigma verso quella sostenibilità indicata dalla UE. “L’idea di modificare la Costituzione venne durante una riunione internazionale in Sudafrica, all’università di Pretoria. Provammo a scrivere su un articolo che cosa dovrebbe fare un Paese appena nato in questo momento per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030”. A ricordarlo è il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, durante un incontro organizzato dall’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) per riflettere sul significato concreto della riforma degli Articoli 9 e 41 della Carta.
In Costituzione sono stati inseriti gli obiettivi della sostenibilità ambientale, eco-sistemica, intergenerazionale e socio-sanitaria. “L’idea di introdurre l’ambiente in Costituzione non è nuova – ha spiegato il ministro – ma la proposta su cui Asvis si è concentrata era il principio di giustizia tra le generazioni accanto a quello di giustizia all’interno dell’attuale generazione, che era straordinariamente ben rappresentato dall’articolo 3. Ritengo che la novità principale della modifica costituzionale sia proprio questa”.
Giustizia anche per le prossime generazioni. Il Def ne tenga conto
Per Giovannini, il prossimo Documento di economia e finanza (Def), che sarà presentato in Parlamento entro il 10 aprile, “dovrà, secondo le nuove regole europee, andare a guardare gli impatti sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile”. Il suo ministero, ha aggiunto, è già al lavoro per “tradurre” il principio di non danneggiare salute e ambiente “nei progetti basati su fondi nazionali”. “Con il nuovo progetto di fattibilità tecnico-economica – ha detto Giovannini – tutte le nuove infrastrutture devono essere accompagnare da una relazione di sostenibilità”.
Un istituto di studi sul futuro
L’obiettivo da raggiungere, secondo il ministro, è il “tre per cento di investimenti rispetto al Pil per i prossimi anni. Gli investimenti di medio termine per la trasformazione sostenibile non posso fermarsi al 2026. Servono 10 anni di investimenti pubblici sostenuti”. Le risorse su cui il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili può contare ammontano a 61,5 miliardi di investimenti da realizzare per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che da qui al 2030 arriveranno a 104 miliardi. Devono servire ad anticipare il futuro, a fare passi avanti da un punto di vista culturale e operativo per non venire continuamente sorpresi come dalla crisi indotta dalla guerra.
Per questo Giovannini ha proposto “un istituto di studi sul futuro, come c’è in altri Paesi, una struttura di supporto al Governo che aiuti a scandagliare le opportunità e i rischi e trovare soluzioni anticipatorie”. “Noi abbiamo infrazioni – ha sottolineato – per esempio sull’eccesso di particolato e la cattiva qualità dell’aria in alcune aree, perché non siamo stati in grado di programmare nel passato interventi che guardassero al futuro”. La crisi deve far accelerare la realizzazione del Pnrr, ha concluso il ministro, non rivederlo o rallentarlo come sostiene qualcuno.