Pompei, città della pace e dell’accoglienza, in balia di baby gang che cercano la violenza a tutti i costi. L’ultimo a farne le spese è stato un 17enne picchiato selvaggiamente senza alcun motivo.
Le istituzioni corrono ai ripari, non soltanto attraverso l’azione repressiva, ma aprendo un dialogo con i giovani.
Questa la strategia fortemente voluta dall’Osservatorio permanente della Legalità, presieduto dall’avvocato Rosario Alfano, docente di scienze giuridico-economiche, nonché responsabile del Laboratorio “Territorio e Bene comune” dell’Azione Cattolica regionale.
In questo contesto è maturato l’incontro “Senza pura. Stop alla violenza tra giovani” in programma al Liceo “E. Pascal” di Pompei, nel corso del quale gli studenti dialogheranno con la sociologa esperta in genitorialità, Anna Malinconico, il colonnello Gaetano Petrocelli, comandante della Polizia locale e l’ispettore della Polizia di Stato, nonché scrittore, Francesco Paolo Oreste. Sono previsti i saluti della dirigente scolastica Filomena Zamboli, del sindaco della cittadina mariana, Pietro Amitrano e di Vincenzo Aiello e Giuseppina Lodovico, componenti del Consiglio d’Istituto.
Abbiamo chiesto all’avvocato Alfano di descriverci il clima che si respira in queste ore nella città che ospita uno dei santuari mariani più conosciuti e frequentati al mondo.
Presidente, chi sono gli artefici di questa emergenza?
“Vi sono piccoli gruppetti di giovanissimi tra 14 e 17 anni, in prevalenza delle zone limitrofe, che avvicinano altri ragazzi, cercando di attirare l’attenzione al solo scopo di venire alle mani. Si tratta di una violenza fine a se stessa, senza uno scopo preciso se non quello di affermare una sorta di potere. Il fenomeno riguarda alcune zone della città dove i giovanissimi amano riunirsi”.
Come Osservatorio permanente della legalità come vi siete mossi?
“Abbiamo avviato una serie di audizioni e di incontri con le scuole, le forze di polizia e le associazioni, abbiamo, poi, incontrato una delegazione di genitori. Di qui la decisione di adottare il metodo della sicurezza partecipata, nel quale ognuno deve fare la sua parte nell’unico obiettivo di rendere sicura la città”.
Quale è stata, invece, la risposta delle istituzioni?
“Il Comune ha subito provveduto a rinforzare l’illuminazione nelle strade interessate dal fenomeno ed a mettere in sicurezza alcuni luoghi in cui i giovanissimi si ritrovano. Le forze di Polizia, a loro volta, hanno ulteriormente incrementato il presidio del territorio con servizi mirati, dando vita anche ad un maggior coordinamento interforze. I genitori si sono resi disponibili ad ogni forma di collaborazione, a contribuire anche volontariamente a migliorare i servizi di videosorveglianza, a partecipare ad incontri periodici per scambiarsi esperienze ed ascoltare i consigli degli esperti. Insomma, la comunità cittadina ha mostrato di avere gli anticorpi necessari e di voler reagire in maniera decisa e responsabile affinché le aggressioni ai giovanissimi non si verifichino più”.