Giorgia Meloni mette fuori gioco Giuseppe Conte, spiazza Matteo Salvini e conquista un importante si del Governo all’ordine del giorno di Fratelli d’Italia che impegna l’esecutivo a raggiungere la soglia del 2% per le spese militari.
Un bel colpo per il principale partito di opposizione. Si qualifica come forza politica coerente e non ha problemi a schierarsi col Governo su temi che riguardano la sicurezza nazionale e gli impegni assunti dall’Italia in sede Nato. Una forma di patriottismo, senza se e senza ma, per usare un lessico caro a Meloni, che non sembra nelle corde di Salvini e Conte che rischiano di apparire più cugini che fratelli dell’Italia.
Il leader leghista mostra un inedito animo delicato quando si parla di armi da dare all’Ucraina o di aumentare le spese per la difesa. Poco coerente con l’immagine nazionalista e sovranista che ha sempre offerto di sé. Non avrà gradito sicuramente lo scavalcamento operato dalla concorrente di sempre, che lo ha ormai staccato nei sondaggi.
Giuseppe Conte è uscito a mani vuote dall’incontro con Draghi e si è cacciato da solo in un vicolo cieco. Minaccia di votare no al Documento di economia e finanza se si occuperà dell’aumento delle spese militari. E perché mai non dovrebbe occuparsene, visto che il Def anticipa quello che si scrive nella Legge di Bilancio? Davvero Conte si illude che Draghi possa tornare indietro e dire a Biden, Macron, Scholz, Johnson e Sanchez che anche stavolta l’Italia ha scherzato e che di arrivare al 2% del Pil per le spese militari se ne parla in tempi biblici? Tra l’altro un aumento delle spese per la difesa è comunque necessario per far fronte alle forniture di armi all’Ucraina che andranno rimpiazzate. Alla fine la fiducia sul decreto Ucraina la dovranno votare sia Salvini che Conte. Entrambi comunque hanno perso un’occasione per dimostrare di essere cambiati da come erano nel 2018 quando sembravano campioni della peggiore demagogia, che altri, come Di Maio, hanno invece saggiamente abbandonato.