Per la Russia la disfatta in Ucraina sarebbe peggiore della bruciante sconfitta dell’Afghanistan. Constatazione che, alla quinta domenica di stallo dell’assedio a Kiev a Mariupol e Odessa, accentua le difficoltà di Putin al Cremlino e lo espone ulteriormente sul piano internazionale. Tre frasi chiave del discorso di Biden a Varsavia fanno intravedere la strategia Usa ed europea: “Non è il popolo russo il nostro nemico”; “Putin è un tiranno, non può rimanere al potere”; “Siamo con i cittadini ucraini, punto”. Un punto che significa il massimo delle forniture di armamenti, di assistenza militare e di intelligence per l’Ucraina “in prima linea nella battaglia per la libertà” da parte degli Usa, della Nato e dell’Europa. La determinazione delle parole del Presidente degli Stati Uniti ha provocato la rabbiosa reazione di Putin che ha ordinato un minaccioso bombardamento missilistico di Leopoli, a pochi chilometri dal confine della Polonia e della capitale Varsavia, dove stava parlando Biden. La risposta che l’Occidente ha dato a Mosca con i tre simultanei vertici dell’Alleanza Atlantica del G7 e del Consiglio d’Europa, svoltisi a Bruxelles e da ultimo con il discorso del Presidente americano da Varsavia, città martire della seconda guerra mondiale a causa della duplice distruzione subita dai nazisti e dai sovietici, evidenzia come il destino di Putin sembra essere ormai segnato e che la sua più che ventennale presidenza sia ai titoli di coda.
Nonostante la cronaca dei massacri quotidiani, dell’apocalisse dei bombardamenti e dell’ecatombe di un intero popolo che sta subendo l’Ucraina, rispetto al piano della vigilia dell’invasione, che prevedeva di conquistare Kiev in due giorni, il ridimensionamento al solo Donbass della guerra scatenata da Mosca, annunciato ufficialmente dallo stato maggiore russo, equivale al ritiro dei sovietici dall’Afghanistan. In soli 32 giorni la disfatta ucraina e il bilancio dei circa 15 mila soldati russi uccisi, assumono anzi proporzioni maggiori e molto più tragiche dei 10 anni di occupazione afghana, ufficialmente costati 26 mila vittime all’Armata rossa. Un confronto storico che sarà inevitabilmente rilanciato il 9 maggio, nel corso del 77° anniversario della “giornata della vittoria”, in memoria della capitolazione della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale. Anniversario al quale il Presidente russo si presenta dalla parte sbagliata, quella dell’invasore ed in veste di perdente o quanto meno di mancato vincitore. A capovolgere il senso patriottico della ricorrenza sarà il lunghissimo elenco di migliaia e migliaia di soldati russi morti in Ucraina. Caduti in una guerra non dichiarata, senza sapere perché e per cosa. Morti letteralmente invano, non per la Russia ma per Putin. Il senso del discorso di Biden si riallaccia proprio alle concrete possibilità che il clamoroso fallimento dell’invasione potrebbe innescare a Mosca.
Ovvero la definitiva, si spera, elaborazione del lutto per la fine dell’Unione Sovietica, il superamento della patologia della clonazione del Kgb e l’esaurimento della mutazione genetica determinata dal passaggio dal comunismo al putinismo.
Sul fronte militare in Ucraina, si registra lo spostamento del baricentro dell’invasione verso Odessa e l’uccisione dell’ottavo esponente dei vertici militari russi, sette generali e un ammiraglio. L’alto numero di comandanti morti rilancia i sospetti di insubordinazioni da parte dei soldati russi. Sospetti che trovano conferma nella notizia pubblicata dal Financial Times e da altri media inglesi, dell’uccisione del colonnello russo Medvechek, che era alla guida della 37esima Brigata motorizzata e che é stato deliberatamente travolto con un mezzo corazzato dai suoi stessi uomini, esasperati dalle pesanti perdite subite dal reparto. Le truppe russe si stanno dimostrando riluttanti a impegnarsi in operazioni di fanteria su larga scala nelle città e preferiscono invece puntare sull’uso indiscriminato di bombardamenti aerei, missilistici e di artiglieria nel tentativo di demoralizzare la difesa ucraina, afferma il Governo inglese.
Situazione che sta per essere capovolta dal rifornimento dei primi 1.500 missili antiaerei Strela consegnati ai reparti ucraini dalla Nato. Ma quanto si protrarrà la lunga notte del Cremlino?
Paradossalmente la risposta potrebbe scaturire da una datata affermazione patriottica di Michail Gorbaciov: “Se guardiamo la storia – ricordava l’ultimo segretario generale del Pcus – vediamo che nonostante tutti gli sforzi nessuno è mai riuscito a mettere in ginocchio la Russia. Ricordiamo Napoleone, ricordiamo Hitler.
Nessuno è riuscito a farlo”. Invece paradossalmente ci sta riuscendo Vladimir Putin.