Sono molti gli angoli dai quali si dibatte su come sia meglio fermare Putin per mettere un punto non solo alla guerra in Ucraina, ma anche al rischio di un terzo conflitto mondiale. Uno di questi cerca di focalizzare sulla sua personalitá.
Al netto delle posizioni che semplificano in modo brutale la complessitá di un tema assai sfaccettato e spesso sfuggente, sono cominciate a emergere delle letture che aprono nuovi orizzonti rimasti finora trascurati.
Premetto che il tema stuzzica i miei interessi professionali. Tuttavia, con questo breve intervento spero di offrire qualche spunto di riflessione utile alla nostra comunitá.
Per farlo mi servo del lavoro di alcuni colleghi, ovvero di un bel pezzo pubblicato di recente su The Conversation. Per chi non conoscesse, si tratta di una testata internazionale che raccoglie gli interventi del mondo accademico sui temi di attualitá.
La personalitá di P.
L’articolo, intitolato Putin: la psicologia dietro la sua leadership distruttiva – e il modo migliore per affrontarla secondo la scienza, accende un faro sul lato psicologico del presidente russo sulla base del lavoro di osservazioni comportamentali.
Argomentano gli esperti che Putin sarebbe un leader autocratico e autoritario. Decenni di studi nel campo della psicologia organizzativa confermano che tali leader mancano di empatia, tendono a decidere da soli, sono orientati ai task piú che al benessere del loro team, con il quale interagiscono attraverso punizioni e minacce. Inoltre, sono emotivamente piú instabili. Per non parlare della necessitá di controllare l’informazione. Tradotto, zero ascolto e dimostrazioni di potere. Quello cui comunemente ci si riferisce come uomo forte al comando.
Cosa fare?
Assaggi di questo tipo di condotte ne abbiamo avuti tanti nel corso degli anni. Basti pensare, per esempio, al famoso incontro che ebbe con Angela Merkel al quale si presentò con un cane libero di girare per la stanza pur consapevole del terrore di quest’ultima per i nostri amici a quattro zampe.
Per semplificare con una immagine, è come avere a che fare con una persona che mette la pistola carica sul tavolo e poi ti chiede di parlare liberamente. Quindi, come sciogliere l’empasse? Soprattutto in virtúdegli arsenali nucleari in campo che secondo le simulazioni di Princeton produrrebbero in caso di esclation decine di milioni di vittime in pochi minuti?
Secondo gli autori del pezzo, Magnus Linden, professore di Psicologia all’Universitá di Lund e George R. Wilkes del King’s College di Londra, la strada è duplice: con Putin ci si deve parlare prima o poi. Tuttavia, nel frattempo, l’errore da evitare è quello di stigmatizzare la popolazione russa e coltivare invece empatia e rispetto. Che è proprio dove il nostro uomo al comando è solo.