Medici e infermieri ucraini nelle corsie degli ospedali italiani. Una scelta per la quale il sindacato degli infermieri Nursing Up sollecita: “Chiarimenti urgenti sulla decisione del Consiglio dei Ministri”. Secondo il presidente del sindacato, Antonio De Palma, “infermieri e medici ucraini che scappano dal drammatico territorio della guerra, potranno esercitare la loro professione nel nostro Paese per la durata di ben 12 mesi, senza bisogno di nessuna integrazione di idoneità dei propri requisiti, come dovrebbe avvenire per legge per professionisti della sanità appartenenti a paesi che non rientrano nella comunità europea”.
Norma inserita nel decreto
Il via libera è stato dato il 18 marzo scorso dal Governo e ora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ma la decisione non convince gli infermieri del Nursing Up. “Siamo di fronte a una situazione alquanto paradossale, non certo una novità nel nostro singolare sistema sanitario”, sottolinea De Palma. In più, stando alle informazioni riferite da Nursing up, i professionisti sanitari ucraini potrebbero esercitare anche senza “preliminare accertamento della conoscenza della lingua Italiana da parte degli Ordini Professionali”, considerando, dice De Palma “che stiamo parlando di persone con diversi alfabeti e con un sistema di scrittura che nulla ha a che vedere con il nostro”.
“Come se in ospedale”, evidenzia il leader del sindacato degli infermieri, “fosse possibile curare od assistere i pazienti senza avere la possibilità di comunicare con loro”.
Verificare le vaccinazioni
Per De Palma va poi chiarito se l’obbligo di vaccinazione anti Covid varrà anche per i sanitari ucraini considerando, che “in Ucraina oltre metà della popolazione è in netto ritardo con le somministrazioni”. Da verificare, inoltre, secondo Nursing up il punto della deroga sulla verifica dell’idoneità professionale: “Ora senza nulla voler togliere alla competenza dei sanitari ucraini”, prosegue De Palma, “è davvero indispensabile inserire nei nostri ospedali dei professionisti sanitari senza compararne i relativi percorsi di abilitazione professionale al fine di verificarne l’idoneità sotto il profilo della presenza di requisiti minimi necessari all’esercizio nel nostro Paese?”.
Chiarire il ruolo in corsia
“Salvo prova contraria”, conclude il leader del sindacato degli infermieri, “questo vorrebbe dire mettere a lavorare, finanche nelle sale operatorie, medici e infermieri di cui non si sa nulla, che non parlano italiano e che non possono interloquire adeguatamente, né con i malati e tanto meno con gli altri colleghi”.