domenica, 17 Novembre, 2024
Ambiente

“Riforme ambientali. Indietro non si torna, anche con la guerra”

Intervista alla Prof. Paola Balducci su ritardi e pregiudizi nelle strategie per l'ambiente

Il conflitto in Ucraina ha costretto l’Italia a non poter più nascondere i ritardi in campo energetico, la sua dipendenza dal gas russo e la mancata diversificazione di fonti di approvvigionamento e fornitori. Secondo lei da che è dipeso?
Purtroppo anche altre emergenze, come la pandemia, hanno scoperchiato diverse pentole, in quel caso in campo sanitario. Il male comune risiede in due fattori fondamentali: una normativa farraginosa e spesso obsoleta che porta con sé anche un eccesso di burocrazia, che rallenta o addirittura ferma i processi di rinnovamento. La tecnologia evolve e gli scenari cambiano, a noi non mancano le competenze ma le regole vanno adeguate alla ricerca e allo sviluppo del Paese.

È vero, abbiamo accumulato anche altri ritardi, ma le tematiche ambientali sembrerebbero quelle più trascurate. Come mai i Verdi in Italia non sono riusciti a far sentire la propria voce e spingere il Paese verso questo ammodernamento?
Purtroppo, tra i Verdi ci sono state molte sensibilità diverse che spesso non sono riuscite ad armonizzarsi e arrivare con forza nei posti decisionali. In questo momento non sono presenti né al Governo né in Parlamento; invece, sarebbe più che mai importante esserci per evitare che le soluzioni, anche solo ipotizzate sull’onda dell’emergenza, come la riapertura delle centrali a carbone, rischino di farci tornare indietro.

Tra le ipotesi messe in campo da Draghi c’è anche il nucleare di nuova generazione, come lo vedrebbe lei?
Il grosso limite degli ambientalisti spesso è stato l’aver posto degli sbarramenti aprioristici. I troppi no detti solo per partito preso può aver contribuito ad ostacolare lo sviluppo di alcune fonti rinnovabili come l’eolico. Come sempre in media res stat virtus. La ricerca deve arrivare a conclusioni chiare e condivisibili, indicare chiaramente vantaggi e svantaggi di una fonte energetica e solo allora si può essere in grado di dire sì, va bene o no, non va bene. Se si spiega si può ragionare.

Cosa potrebbe sbloccare i ritardi?
Sicuramente leggi chiare e facilmente comprensibili a tutti. Poi un maggiore coordinamento delle attribuzioni e delle responsabilità tra autorità centrali e locali e in ultimo un soggetto di controllo. C’è bisogno di una vera e propria cabina di regia nazionale, di coordinamento e vigilanza. Ma già la modifica costituzionale che introduce i reati ambientali e costringe a una armonizzazione dell’attività economica con le tematiche ambientali è un bel segno.

Secondo lei la modifica costituzionale è causa o effetto, serve a creare una cultura ambientale più forte o è il risultato di una maggiore coscienza collettiva su questi temi?
Penso sia un effetto, il risultato di una accresciuta consapevolezza del fatto che l’ambiente, la salute, la qualità della vita e persino il diritto al lavoro, siano tutti concatenati e imprescindibili. Parlando con le nuove generazioni, ad esempio, si avverte ancora più fortemente che l’attenzione per il nostro pianeta sta crescendo, c’è una sensibilità più diffusa.

La transizione ecologica richiede tempo e soprattutto soldi iniziali, dove potremmo andarli a prendere, a parte il PNRR?
Le voglio spiegare esattamente cosa paghiamo ogni volta che acquistiamo benzina, tolto il costo effettivo della materia prima e l’iva al 22%. Ci sono 17 accise, di cui 0,000981 euro per il finanziamento alla guerra d’Etiopia del 1935-1936; 0,00723 euro per il finanziamento della crisi di Suez (1956); 0,00516 euro per il disastro del Vajont (1963); 0,00516 euro per l’alluvione di Firenze (1966); 0,00516 euro per il terremoto del Belice (1968); 0,0511 euro per il terremoto del Friuli (1976); 0,0387 euro per il terremoto dell’Irpinia (1980); 0,106 per la guerra del Libano (1983); 0,0114 euro per la missione in Bosnia (1996) ; 0,02 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri (2004); 0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici (2005); 0,0051 euro per il terremoto dell’Aquila (2009); da 0,0071 a 0,0055 euro per un contributo alla cultura (2011); 0,04 euro per l’emergenza immigrati dopo la crisi libica (2011); 0,0089 euro per l’alluvione in Liguria e Toscana (2011); 0,082 euro (0,113 sul diesel) per il decreto “Salva Italia” (2011); 0,02 euro per il terremoto in Emilia (2012).

Penso che si commenti da solo. Se per ogni di litro di benzina si fosse investito parte del sovrapprezzo per compensazioni, per abbattere davvero CO2 e gas serra, oggi staremmo sicuramente molto meglio.

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