Si stima che nell’arco della propria vita una persona su tre sia destinata a sviluppare una malattia neurologica, ed è stato calcolato che negli ultimi trent’anni il numero di decessi attribuibili a questa causa sia cresciuto del 39%. In Italia il 12% della popolazione soffre di emicrania, ogni anno si verificano 200 mila casi di ictus cerebrale, i pazienti affetti da epilessia sono circa 500 mila mentre la malattia di Parkinson oggi interessa 250 mila persone, destinate a raddoppiare nei prossimi anni. Inoltre, l’Italia con 120 mila persone affette da sclerosi multipla e 1.800-2.000 nuovi casi l’anno è considerata area ad alto rischio per questa malattia rispetto ad altre aeree d’Europa. Da noi, infine, le malattie neurologiche rare presentano una prevalenza di 5 casi per 100.000 abitanti. Ma un esempio eloquente dell’impennata di malattie neurologiche che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi anni è rappresentato dalle previsioni sulla malattia di Alzheimer, che oggi colpisce 600 mila persone e la cui incidenza passerà dai 204.584 nuovi casi all’anno del 2020 ai 288.788 del 2040. Questi dati indicano una complessità delle malattie neurologiche tale che la Società Italiana di Neurologia (SIN) – in una lettera indirizzata al Ministro della Salute Roberto Speranza e firmata anche dal Segretario della Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera, Fabiola Bologna – ritiene necessaria l’istituzione di un Tavolo inter-istituzionale permanente che porti al varo di un Piano nazionale per il riordino del settore e il disegno delle future strategie per la neurologia. Le direttrici per il rinnovamento dell’assistenza neurologica italiana sono indicate dalla SIN nel Rapporto Next – Neuroscience Exploring Tomorrow 2021, realizzato in collaborazione con Roche Italia e presentato alla stampa nella sede del Ministero della Salute. La necessità di un Tavolo istituzionale è stata sottolineata sia dal Presidente della SIN, professore Alfredo Berardelli, che dalla deputata Fabiola Bologna. “Vogliamo collaborare con le Istituzioni per rispondere ai bisogni posti dalla diffusione delle malattie neurologiche, caratterizzate da una complessità clinica e da una importante cronicità come le patologie neurodegenerative – ha affermato Berardelli – per la gestione delle quali la risposta obbligata è l’organizzazione dei servizi in rete, che a sua volta deve fare perno sull’unitarietà dell’Unità operativa di Neurologia”. “Il Pnrr – ha osservato Fabiola Bologna – porterà risorse per investimenti che dovremo mantenere nel tempo, sia con un ritorno a una specifica programmazione sanitaria sia con una adeguata organizzazione dei servizi, e affinché nel campo neurologico possa rispondere efficacemente ai bisogni dei malati, è necessario costituire un tavolo istituzionale permanente ed ‘esteso’ che prosegua il lavoro del Rapporto Next e includa rappresentanti ministeriali e parlamentari per una condivisione di obiettivi e soluzioni organizzative concrete”. Secondo il professore Gioacchino Tedeschi, past President della Società Italiana di Neurologia, “per rispondere adeguatamente alle molteplici istanze è necessario agire su quattro diversi livelli: aumentare il numero dei neurologi; potenziare le Unità Operative Complesse di Neurologia; incrementare a 5 anni la durata della scuola di specializzazione in Neurologia; aumentare i centri di eccellenza per il trattamento delle patologie neurologiche con copertura omogenea del territorio nazionale”. L’innovazione organizzativa che si propone “è quella di riorganizzare il sistema ospedaliero alla luce dell’alta complessità e prevedere una serie di azioni a partire dall’individuazione degli ospedali di primo, secondo e terzo livello”. La gestione delle malattie neurologiche, oltre che sul fronte ospedaliero, va affrontata anche da altri versanti: “Sono indispensabili un’adeguata prevenzione a cominciare dagli stili di vita, l’accesso equo ed uniforme sul territorio nazionale alla diagnosi ed a cure personalizzate ed innovative, il rafforzamento dell’assistenza territoriale e domiciliare”, ha affermato Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva. “Se pensiamo ai pazienti affetti da Alzheimer e da altre patologie che causano non autosufficienza – ha aggiunto – occorre dar loro risposte di sistema, anche grazie ai fondi disponibili con il PNRR, che organizzino in un’ottica unitaria gli aspetti sociali e sanitari dell’assistenza, e privilegino la possibilità per i pazienti di essere curati presso il domicilio. A livello organizzativo si dovrebbe puntare a replicare il modello virtuoso delle stroke unit per i pazienti colpiti da ictus”. Anche la riorganizzazione dell’area medico-sanitaria della Neurologia, quindi, deve fare i conti con le insufficienti risorse messe a disposizione dal SSN. “Nel caso di una patologia neurologica ad alto impatto in termini di prevalenza o complessità elevate, e quindi pesante sia per la salute dei cittadini sia per il SSN, bisogna parlare di un investimento in salute e quindi considerare il percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, come un costo di investimento perché produce effetti prolungati nel tempo”, ha spiegato Paolo Bonaretti, Founder e Ceo di Strategies and Solutions. “Un ruolo fondamentale in questo contesto – ha aggiunto – spetta alla diagnosi precoce delle malattie: il fattore diagnostico diventa essenziale per determinare un quadro di certezza dell’investimento in salute, del conseguente impatto economico e dei risultati in termini di riduzione degli eventuali costi di assistenza”. Una spinta verso il futuro della neurologia viene dalla digital health, che non è limitata alla telemedicina, dove si sono compiuti enormi progressi, ma si serve anche della genomica e dell’intelligenza artificiale. In Italia però si stenta ad abbracciare le innovazioni, in tutti i soggetti c’è ancora una certa diffidenza verso le tecnologie digitali applicate alla medicina. “C’è la necessità – sottolinea il professore Luca Pani dell’Università di Modena e Reggio Emilia – di far comprendere non solo agli utilizzatori finali ma anche ai decisori politici, le enormi opportunità della digital health che consente di ridurre i carichi di lavoro, di aumentare l’efficienza e di ottimizzare i costi. Ma è anche utile – aggiunge il Prof. Pani – realizzare una sorta di cartello sulle malattie neurologiche in chiave digitale che favorisca la condivisione delle esperienze e consenta di elaborare modelli comuni da proporre agli organismi istituzionali, oltre che promuovere le partnership pubblico-privato che hanno dimostrato di essere una carta vincente nello sviluppo dei vaccini anti-Covid19”.