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Inflazione e prezzi. Confcommercio: crescita del 5%, come nel 1996. Bollette e rincari deprimono acquisti e crescita

mercoledì, 23 Febbraio 2022
1 minuto di lettura

Inflazione che sale e consumi che scendono. Il caro vita e il caro energia che vanno a braccetto preoccupa la Confcommercio. “A gennaio continua a una marcia ancora più forte la corsa dell’inflazione”, scrive la Confcommercio, “Lo confermano i dati definitivi diffusa dall’Istat secondo i quali l’indice nazionale dei prezzi al consumo è infatti aumentato dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua dal +3,9% del mese precedente”.

Ritorno al passato

Il timore della Confcommercio che l’inflazione non sia passeggera ma che proseguirà per mesi. “È l’incremento tendenziale più alto dall’aprile del 1996”, prosegue l’analisi della Confederazione, “A trainare l’aumento sono I Beni energetici che fanno segnare una crescita su base annua mai registrata (da +29,1% di dicembre a +38,6%, con la componente regolamentata che sale da +41,9% a +94,6%), “ma”, evidenzia la Confcommercio citando l’Istat, “tensioni inflazionistiche crescenti si manifestano anche in altri comparti merceologici”.

Corsa dei prezzi al consumo

E quindi schizzano in alto i prezzi dei Beni alimentari, sia lavorati (da +2% a +2,4%) che non lavorati (da +3,6% a +5,4%) e quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,3% a +3,5%), mentre rallentano invece i prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,6% a +1,4%).

Potere d’acquisto depresso

“L’inflazione che a gennaio sfiora il 5% delinea una situazione che non si risolverà a breve e con cui famiglie e imprese sono obbligate a confrontarsi”, osserva l’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo il quale “la causa principale è l’aumento degli energetici con l’associazione di tensioni anche nell’alimentare, per via delle materie prime, nella ristorazione e nei servizi di alloggio, in cui la componente energetica incide in misura rilevante sui costi d’esercizio delle imprese”. “Sebbene l’inflazione di fondo permanga su livelli gestibili, la crescita dei prezzi al consumo”, conclude l’Ufficio Studi, “deprime il potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida, riducendo la crescita dei consumi e indebolendo la dinamica del Pil per l’anno in corso”.

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