“L’Italia potrebbe giocare un ruolo di ponte nei rapporti con l’Europa e la Nato”. Così Putin nella conferenza stampa di fine d’anno. Sapeva già cosa avrebbe fatto in Ucraina e aveva individuato nel nostro Paese un potenziale interlocutore per aprire una breccia tra le potenze occidentali alleate degli Stati Uniti.
Perché l’Italia? Forse perché siamo il Paese occidentale più elastico in politica estera? Forse perché siamo il Paese europeo che dipende più di altri dal gas russo? Forse entrambe le cose.
Fatto sta che, in questo via vai di capi di stato e di governo, a Mosca Draghi ci andrà non per sua scelta ma perché invitato. Potrebbe essere il seguito di quello che Putin aveva detto a fine anno.
Draghi è europeista, atlantista insospettabile, come altri leader italiani, di simpatie particolari per Mosca. Ma è anche realista, prudente: sa benissimo quali siano i rapporti di forza.
Se la situazione sul campo non precipiterà, Draghi potrà giocare qualche carta con Putin. Ma lo dovrà fare in sintonia totale con gli Usa, la Nato e l’Ue. L’Italia non può accettare che si abusi della sua dipendenza energetica per essere usata come grimaldello per far saltare l’unità dell’Occidente che finora Putin ha cercato invano di scalfire.