mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Calcio: Figc. Nesta nella hall of fame “Fiero, ora azzurri ai mondiali”

Adesso ad aiutare Maldini, Baresi, Bergomi e Cannavaro ad arginare la fantasia di Roby Baggio, Del Piero e Totti e di un vero ‘nove’ come Gianluca Vialli ci sarà anche Alessandro Nesta, ultimo prestigioso acquisto della ‘Hall of Fame’ nella categoria ‘Giocatore Italiano’. Dopo gli ingressi negli ultimi anni di Del Piero, Totti e Pirlo, la parola torna dunque alla difesa, ad un altro Campione del Mondo che dopo aver allenato Perugia e Frosinone è tornato a vivere a Miami con la famiglia: “È bellissimo ricevere un riconoscimento così prestigioso – esordisce al telefono dalla Florida – ed entrare a far parte della ‘Hall of Fame del Calcio Italiano’ insieme a tanti campioni mi rende davvero orgoglioso”. La storia d’amore tra Nesta e la Nazionale è iniziata quando Alessandro era un bambino e il suo quartiere si vestiva a festa per le partite degli azzurri: “Ricordo le bandiere a Cinecittà, la Tv accesa in cortile, il tifo scatenato. Emozioni che mi sono portato dietro fino al Mondiale, quando hai l’onore e la responsabilità di rappresentare un Paese intero. Vivendo all’estero mi sento ancora più italiano, sono ancora più tifoso della Nazionale”.

Oltre 400 presenze in Serie A tra Lazio e Milan, 78 gettoni in Nazionale con la partecipazione a tre Mondiali e a due Campionati Europei, Nesta vanta una bacheca ricchissima di trofei: una Coppa del Mondo per Club, 2 Champions League, 3 Supercoppe Uefa, una Coppa delle Coppe, 3 Scudetti, 4 Supercoppe Italiane e 3 Coppe Italia. Ma il successo più importante resta la Coppa del Mondo alzata al cielo di Berlino nel 2006 dopo aver battuto ai rigori quella Francia che sei anni prima gli aveva tolto un Europeo che sembrava già vinto: “Se potessi rigiocare una partita – rivela – sarebbe quella. Avevamo disputato una grande finale, mancavano pochi secondi alla fine e sembrava fatta. Quella gara un po’ di sonno me l’ha tolto, come del resto anche la finale di Champions League con il Liverpool (Milan avanti 3-0, rimontato e battuto ai rigori)”. Per fortuna il riscatto sarebbe arrivato qualche anno più tardi: “Vincere il Mondiale è stata una gioia infinita.
Venivamo da Calciopoli, eravamo considerati le pecore nere, ci guardavano come quelli scorretti. Abbiamo avuto la forza di far cambiare opinione a tutti. Probabilmente c’erano squadre più forti di noi, ma quello che è successo prima di andare in Germania ci ha dato una spinta in più”.

L’Europeo che gli è sfuggito nel 2000 lo ha vinto da tifoso 21 anni dopo: “Naturalmente ho seguito tutte le partite dell’Italia facendo un gran tifo – racconta – e a Londra per la finale ho voluto portare i miei figli. Mancini ha avuto il coraggio di mettere insieme tanti giocatori di qualità, tecnici, anche se piccoli fisicamente. E ha avuto ragione”. Adesso è atteso da una nuova importantissima sfida: “Per gli spareggi sono da una parte ottimista e dall’altra preoccupato. Non possiamo permetterci di non andare un’altra volta al Mondiale”.
Cresciuto nelle giovanili della Lazio avendo come modello José Chamot (“io ero un giovane timido e c’era questo argentino che era un vero animale in campo”), Alessandro preferisce evitare di designare un erede: “Se dico che un giovane è bravo e che mi assomiglia poi lo brucio, lasciamo stare”. Non fatica a indicare l’avversario più difficile da marcare (“Ronaldo il brasiliano. Una furia!”), mentre è più arduo indicare il compagno di squadra più forte: “Dico Maldini così metto d’accordo tutti, ma non è facile scegliere perché ho avuto la fortuna di giocare con tanti campioni”.

Dal passato al futuro, dai sogni realizzati da calciatore a quelli ancora tutti da vivere da allenatore: “Devo ancora fare un po’ di gavetta ed è più probabile che torni ad allenare all’estero che in Italia, ma tutto può accadere”. Magari per arrivare fino alla panchina della Nazionale. “Io ct fra 20 anni? Dimmi solo dove devo firmare…”.

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