La grande stagione delle riforme della Giustizia aggiunge un altro importante (quanto delicato) tassello: la riforma dell’ordinamento giudiziario. Anche in questo caso si tratta di una modifica legislativa fortemente voluta dalla ministra Cartabia e auspicata da più voci, soprattutto da quanti chiedevano una maggiore regolamentazione della materia. Un testo decisamente corposo e denso di argomenti tanto che solo chi vanta competenze tecniche in questa materia e chi ha vissuto, in prima persona, un’esperienza nel settore Giustizia, può cimentarsi in una sua lettura prendendone contezza. Il testo del ddl, sottoposto già al giudizio del CSM e del Consiglio dei Ministri, affronta profili diversi concernenti l’Ordinamento giudiziario: dalle nuove modalità di accesso alla magistratura fino a ridisegnare la composizione del suo organo di autogoverno, il Consiglio Superiore della Magistratura.
A comporre questa cornice sono soprattutto tre variabili: la scadenza del PNRR (anche se la riforma della magistratura non è direttamente connessa al piano europeo), la crisi della magistratura e la sfiducia dei cittadini, i quesiti referendari al vaglio della Corte costituzionale. Ad una prima lettura non è difficile immaginare che il testo, quantomeno nel suo “voluto dettaglio”, ne abbia tenuto conto.
Tra i tanti temi, degna di nota è certamente la questione delle cc.dd. sliding doors, in relazione alla quale i magistrati che siano stati eletti in Parlamento, nei Consigli regionali o comunali oppure che abbiano ricoperto cariche di governo nazionale o locale, non dovrebbero tornare ad esercitare la precedente funzione giurisdizionale, anche se, come è stato detto dal Presidente dell’Unione Camere Penali, i magistrati attualmente in Parlamento si contano sulle dita di una mano.
Altra novità importante è quella che concerne il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari. Una rivisitazione dell’eccessivo numero di magistrati che svolgono funzioni al di fuori dell’attività giurisdizionale sembra più che necessario, soprattutto in un periodo storico contraddistinto da un notevole carico pendente sugli uffici giudiziari. Non ci si può lamentare della lentezza dei processi determinata anche da un deficit organico se, poi, nell’organigramma giudiziario viene a mancare un numero considerevole di personale specializzato nell’esercizio della funzione giurisdizionale.
Altro tema è quello della presenza dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari. Non bisogna avere paura di dare un’apertura anche all’Avvocatura; l’idea e la convinzione che, una scelta del genere, comporti il rischio che gli avvocati possano essere asserviti ai magistrati o, al contrario, che possano intimidire la magistratura parte da un presupposto sbagliato, e cioè che gli avvocati non siano autonomi. Scardinare questa convinzione non è difficile: la scelta dei componenti dei Consigli giudiziari potrebbe ad esempio ricadere nei confronti di rappresentanti dell’Avvocatura autorevoli e indipendenti.
Un altro tema importante affrontato dal ddl è quello relativo alla valutazione professionale dei magistrati attraverso il sistema delle c.d. pagelle. Diversi sono gli aspetti che vengono messi in luce e che sono oggetto di giudizio, così da rendere la scelta ancor più ponderata rispetto al passato: ben venga che oggi non si guardi solo più alla bravura del singolo magistrato ma anche al suo percorso formativo e, in particolare, anche alla capacità organizzativa. Soprattutto con riferimento a quei magistrati che occupano ruoli apicali, pensiamo alle Corti d’appello, saper organizzare il personale ed il lavoro, infatti, è di estrema importanza per garantire l’efficienza della funzione giurisdizionale.
L’obiettivo principale della riforma sembra essere, in sostanza, quello di ridisegnare la magistratura ordinaria come un organo giudiziario più efficiente puntando su una regolamentazione stringente e su procedure organizzative efficienti. Nell’attesa delle imminenti decisioni della Corte costituzionale e, successivamente, di quelle del Parlamento, la speranza è che la Giustizia, nonostante l’inflessibile tagliola dei tempi, europei e nazionali (a luglio 2022 si rinnova il CSM), possa riconquistare la dignità e il ruolo fortemente voluti dai nostri padri costituenti.