Bosch ha comunicato 700 esuberi nei prossimi 5 anni per lo stabilimento di Bari, su un organico di 1.700 dipendenti. La decisione arriva al termine dell’incontro tra sindacati e direzione aziendale, convocato dalla Regione Puglia, confermando il difficile momento che sta attraversando il comparto automotive. “A ben vedere la situazione è perfino più grave, poiché le missioni produttive non diesel assegnate a Bari saranno in grado di dare lavoro a circa 450 persone, mettendo oggettivamente a repentaglio l’esistenza stessa dello stabilimento”, sottolineano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari. “Come Uilm chiediamo a Bosch di adottare finalmente una logica di solidarietà italiana ed europea – rivendicano Ficco e Falcetta – a favore di Bari, poiché nel suo complesso la multinazionale tedesca va bene e sta investendo in nuove tecnologie, solo che lo sta facendo altrove.
La solidarietà infragruppo deve servire non solo a portare a Bari lavorazioni che oggi addirittura sono affidate all’esterno, ma soprattutto ad assegnare una missione produttiva adeguata nell’ambito della green economy”. Per Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil e Ciro D’Alessio, segretario generale Fiom-Cgil Bari, “questo modo di affrontare la crisi dello stabilimento di Bari per noi è inaccettabile. La Fiom-Cgil ha ribadito all’azienda che il confronto è possibile, se si condivide l’obiettivo di salvaguardare fabbrica e persone. È fondamentale invertire l’ordine delle priorità comunicate dall’azienda e discutere di un piano industriale vero che metta al centro la riconversione del sito verso produzioni di nuova generazione che offrano un futuro certo agli occupati del sito di Bari.
Un nuovo piano di relazioni industriali permetterà di poter discutere di tutti gli strumenti utili ad accompagnare la fase di transizione”. Anche la Fim Cisl fa sentire la sua voce, osservando come “è necessario aprire un confronto in sede ministeriale per Bosch, con la presenza del ministro dello Sviluppo Economico, dove il Gruppo deve presentare un piano di reindustrializzazione del plant, che consenta di azzerare gli esuberi denunciati evidenziando gli investimenti e le risorse finanziarie necessarie. E’ altrettanto indispensabile che venga riconvocato il tavolo ministeriale per individuare strumenti e risorse per un settore che è investito da un cambiamento strutturale. Non è più tollerabile l’immobilismo delle istituzioni di fronte aduna situazione che sta impattando sul settore con chiusure e licenziamenti”. L’Ugl Metalmeccanici, con il segretario nazionale Antonio Spera, il segretario provinciale di Bari Samantha Partipilo, il coordinatore territoriale Mario Daniello e il rappresentante sindacale Onofrio Zotti dicono: “Non possiamo accettare, e insieme a noi i lavoratori, il fatto che lo stabilimento Bosh di Bari dichiari ancora la presenza di 700 esuberi e l’assenza di nuove prospettive industriali. Non possiamo accettare che si continuino a chiedere loro altri sacrifici, chissà per quanti anni ancora. Per questo motivo chiediamo al Governo un incontro urgente su una vertenza che si trascina dal 2008. Quanto al principio di solidarietà tra stabilimenti infragruppo, teniamo a chiarire che non ci accontenteremo degli ‘avanzi’, ci aspettiamo un prodotto di tutto rispetto che possa garantire l’occupabilità di tutti i 1.700 lavoratori.
Chiediamo infine all’azienda reciprocità e cioè che riconosca, a sua volta, i sacrifici chiesti ai lavoratori dello stabilimento di Bari, che, ormai già dal 2008 fino ad oggi, continuano a sopportare dopo che, con il loro prezioso lavoro e know how, hanno contribuito ad arricchire il business di tutto il Gruppo”. Scende in campo anche il mondo imprenditoriale che, per voce del presidente di Confindustria Bari Bat e Confindustria Puglia, Sergio Fontana, sottolineano come “la transizione verso l’auto elettrica ha avuto un’accelerazione troppo repentina, che sta schiacciando tutta l’industria automobilistica. La difficile prospettiva rappresentata da Bosch a Bari è conseguenza di questa veloce trasformazione del mercato e di politiche europee drastiche, che penalizzano l’Italia più di altri Paesi”. Ma, per gli industriali, “questo non significa che dobbiamo arrenderci alla storia, ma dobbiamo attrezzarci per cavalcare il cambiamento. La Bosch infatti sta facendo la sua parte. In soli 4 anni ha messo a punto ben 7 nuovi prodotti ed è pronta a intraprendere una coraggiosa riconversione. Per sostenere questa sfida, però, Bosch deve poter contare su politiche industriali adeguate. Chiediamo, per questo, alla Regione di mettere in campo, con Confindustria e con i sindacati, tutti i mezzi oggi a disposizione per conciliare riconversione e sostenibilità sociale, ma soprattutto chiediamo alla Regione di portare la questione al Mise, per individuare una strategia nazionale di riconversione urgente e misure e soluzioni straordinarie per la Bosch e per tutto il settore automotive del Paese alle prese con una crisi epocale”. Da parte sua, l’azienda fa notare che il suo impegno a trasformare lo stabilimento di Bari “è fortemente segnato dalla crisi del settore automotive: la quota di mercato di auto diesel in Italia è scesa da 57% del 2016 al 27% del 2021.
Al pari di ogni altra impresa, Bosch deve rispondere a queste sfide e rimodulare le proprie strutture in base ai nuovi volumi di mercato e alla transizione verso la mobilità elettrica per salvaguardare competitività e sostenibilità nel lungo periodo. Lo stabilimento Bosch di Bari è da anni impattato dalla contrazione del mercato dell’auto essendo principalmente dedicato alla produzione della componentistica diesel e per questo Bosch ha trasferito a Bari la produzione di diversi nuovi componenti, ha realizzato investimenti milionari nella diversificazione della produzione e nella formazione, ha sostenuto con convinzione alti costi di riqualificazione e di avvio di nuove produzioni: recentemente ha lanciato la produzione di componentistica per l’eBike e per il sistema di trattamento dei gas esausti. Siamo sempre stati impegnati nel supportare la diversificazione e certi che questa sia la strategia per contribuire a creare condizioni sostenibili nel lungo termine anche nella direzione di nuovi sviluppi nel mercato. Oggi si rende quindi indispensabile avviare un confronto coi lavoratori, coi sindacati e con le autorità sul futuro di Bari e sulle misure necessarie per salvaguardare il sito e la sua competitività”.