In occasione di un meeting, mi capitò di scambiare due parole con uno dei principali leader politici europei. Era un incontro informale, uno di quelli dove la franchezza può trovare spazio. E, alla domanda, su quale fosse un piano credibile per uscire dalla pandemia, mi rispose con una sola parola: “Educazione”.
La generazione perduta
Questa pandemia ha chiuso le porte in faccia a una intera generazione ed è per questo che lo sforzo di tenere gli studenti in classe è degno di lode. Online, quando c’é la possibilitá, non si impara. Il tasso di deconcentrazione è, in una sola parola, altissimo.
E poi c’é un punto che mi pare sfugga piuttosto di frequente. Dice, ma le nuove generazioni sono nativi digitali. Infatti. Se, per esempio, io guardo alle visualizzazioni di un video di intrattenimento qualsiasi non è difficile contare centinaia di migliaia, se non milioni, e in alcuni casi miliardi, di visualizzazioni. Se invece vedo un video di contenuto sfiorare le centinaia di visualizzazioni sono consapevole di trovarmi di fronte a un’impresa.
Superficiale giungere a conclusioni. Tuttavia, si può ragionevolmente dedurre che è vero si tratta di nativi digitali, ma che il medium digitale lo usano per intrattenersi. Se da un lato è vero che senza divertimento non si impara, è altrettanto vero però che imparare non è solo questione di intrattenimento. Richiede fatica, alla vecchia. Certo, c’é l’eccezione. Ma non fa la regola. Ovvero la societá.
L’insegnamento di De Gasperi
Si è battuto una vita un gigante come De Gasperi per un concetto chiave che sta alla base di una societá sana: la stabilitá. La guerra aveva insegnato che senza una societá stabile non si può coltivare il bene comune. Semplicemente perché non esiste un bene comune in una societá dove le disuguglianze sono insostenibili.
La pandemia diseguale
Venendo ai giorni nostri, durante la pandemia i soliti noti si sono arricchiti. C’é chi come Bezos, per esempio, ha accumulato in termini di ricchezza tanto quanto è stato speso per i vaccini. Ma non è il solo. Secondo l’ultimo rapporto dell’Oxfam, una confederazione internazionale di organizzazioni no profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale, la pandemia è stato un acceleratore di disuguaglianze.
La direttrice di Oxfam International, Gabriela Bucher, ha sottolineato che: “Già ora i 10 super ricchi detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, composto da 3,1 miliardi di persone. Se anche vedessero ridotto del 99,993% il valore delle proprie fortune, resterebbero comunque membri titolati del top 1% globale”.
In quest’ottica fanno molto riflettere le parole dell’erede dalla famiglia Disney, Abigail Disney. A capo di un gruppo di 102 super ricchi che ha scritto un appello ai governi, ha chiesto di pagare piú tasse: “Mentre il mondo ha sofferto in questi due anni, molti di noi possono dire di aver visto aumentare la loro ricchezza durante la pandemia. Pochi di noi, forse nessuno, può invece dire onestamente di aver pagato il giusto di tasse”.
Tassateci, e tassateci ora il messaggio. Basterá a cambiare le cose? Dubito. Ma, senza dubbio, siamo quantomeno di fronte alla consapevolezza di un problema gigantesco.
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