mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Politica

Legge sulle lobby: sì alle influenze lecite. Registro obbligatorio ma non per tutti

Le norme sulla rappresentanza di interessi dopo il sì della Camera passano al Senato

Una buona notizia. Forse è stato merito del taglio di 345 parlamentari e dell’avvicinarsi della fine legislatura l’improvvisa accelerazione della legge che regolamenta la rappresentanza di interessi. Un’attività che numerosi futuri ex deputati e senatori potrebbero ambire a svolgere. Ma per non rischiare di incorrere nel fumoso reato di “traffico di influenze illecite” servivano delle regole che varate dalla Camera ora attendono il sì del Senato.

Un passo avanti dopo quasi 50 anni e centinaia di proposte finite nel nulla. L’Italia si mette al pari con le democrazie  occidentali e il Parlamento europeo. Ma lo fa all’italiana, mescolando norme buone ad inaccettabili privilegi.

Finisce la criminalizzazione delle lobby e dei lobbisti: non sono malfattori e inquinatori delle istituzioni, come li dipinge una stampa ignorante e manichea, ma professionisti che aiutano chi deve decidere a farlo con maggiore consapevolezza e tenendo conto degli interessi diffusi senza dei quali l’interesse generale  è una categoria dello spirito.

I lobbisti dovranno iscriversi ad un Registro presso l’Antitrust, le cui competenze non c’entrano nulla con questa materia. Meglio sarebbe stato creare un ufficio inter-istituzionale ad hoc. Ma non è grave.

Chi non si iscrive al registro e prova a influenzare i decisori pubblici rischia di finire nelle maglie del reato di traffico di influenze illecite (346 bis c.p.) che finalmente adesso diventa applicabile in maniera certa. La Cassazione aveva chiesto al legislatore: precisa quali sono le influenze lecite così si possono perseguire quelle illecite. Adesso lo sappiamo. I lobbisti dovranno dire chi incontrano e fare una relazione sull’attività. Viva la trasparenza.

Ma tutti i lobbisti saranno uguali di fronte alla legge? No. Ci sono figli e figliastri. Non devono iscriversi al registro -e quindi possono operare senza trasparenza- i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali. Un’assurdo e immotivato privilegio. Un conto è che sindacati e Confindustria siano convocati dal Governo per trattative e concertazione-  un conto è che cerchino di influenzare le decisioni di parlamentari e ministri esattamente come altri lobbisti che invece sono obbligati alla trasparenza.

Ai lobbisti vengono giustamente imposti molti doveri ma riconosciuti pochi diritti: possono avanzare proposte ma nulla garantisce che siano davvero coinvolti nei processi decisionali.

Un’altra lacuna riguarda il lungo elenco dei decisori pubblici nel quale non figura l’alta burocrazia che così potrà continuare a scrivere norme e procedure incomprensibili senza avvalersi dei suggerimenti di chi sa come funziona l’economia.

E poi c’è una caduta di stile dei deputati che hanno cancellato una norma che esisteva nel regolamento interno della Camera e prevedeva che un deputato, finito il mandato, dovesse aspettare un anno prima di poter “passare dall’atra parte” e diventare lobbista. In gergo si chiamano “revolving doors“, porte girevoli da evitare per consentire un periodo di “raffreddamento tra un incarico istituzionale e un incarico privato che ha a che fare con le istituzioni. Niente da fare. Altri Paesi in cui questo è vietato ci giudicheranno male: i soliti italiani…

Meglio una legge con tante lacune che nessuna legge? Sì, questa volta turiamoci il naso e diciamoci contenti. In fondo lobby regolamentate e trasparenti aiutano la democrazia a decidere meglio. E questa legge è un bel passo avanti.

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