Continua il bombardamento pandemico che non risparmia paure e incertezze. Sono già due anni che ci si sente sgozzati da un “qualcosa” che sembra non venirne fuori. Credo che oltre il lancio di notizie che, giustamente, invitano al vaccino – unica arma per far fronte a questa realtà ormai insostenibile – è necessario andare ad analizzare le conseguenze psicoaffettive che questa situazione di “allarme” sta creando. Stress, insicurezza, fuga da se stessi, voglia di ripartire e ricominciare con tutte le precauzioni necessarie. Non bisogna solo sentenziare se “a scuola si o scuola no”, qui siamo dinnanzi alla vita, alla crescita culturale sociale, affettiva di tanti bambini, adolescenti, giovani che non possono ancora stare isolati e ingoiare lezioni come sciroppo per il mal di gola. È importante il dialogo faccia a faccia, la crescita con domande “in presenza”, tutela si ma non azzerare il rapporto umano che edifica e costruisce.
È importante non uccidere la speranza della ripartenza, non ridurre tutto a un vaccino corredato da mascherina e gel disinfettante: la vita è altro. È confronto, dialogo, affetti, amicizie, iniziative da vivere con la presenza di chi sa che la vita non è morta e che bisogna anche accendere i riflettori sull’Essere.
I nostri bambini, adolescenti, giovani, genitori, docenti ci chiedono di agire per ripartire e se fosse possibile non bombardare sempre e ancora sempre paure e angosce a firma di un virus che sempre magicamente cambia volto ed effetti. Andiamo anche alla radice della convivenza civile. Non si chiuda con facilità con leggerezza come se ad andare in cuccia sia il cagnolino della vicina di casa. Diamo rispetto alla vita ma non priviamo nessuno della libertà dell’incontro della crescita, della formazione, della manifestazione affettiva e culturale. E se la speranza è ultima a morire rimaniamo solari e pieni di voglia di vivere. Ne abbiamo bisogno. Ne abbiamo diritto.