In bilico, tra ripresa e recessione, secondo gli esperti di Confindustria il nostro Paese è a rischio. Seppur il Ministro dell’Economia Gualtieri abbia replicato qualche giorno fa che si tratti di scenari vecchi, corre l’obbligo di nutrire il dubbio considerato che Roma non è stata costruita in un giorno.
Infatti, se la qualità del mercato del lavoro e la spesa delle famiglie sono due variabili chiave nella crescita di molti paesi nel mondo, non è possibile a nostro avviso affermare che entrambe godano di ottima salute in Italia al momento.
Per esempio, se la spesa delle famiglie non è mai stata così bassa negli ultimi cinque anni stando ai risultati di diversi rapporti di settore, un recente studio della CGIL mette in evidenza come il numero degli occupati sia in aumento, ma a soffrirne sarebbe la qualità del lavoro. Insomma, un contraltare all’ottimismo del Ministro che offre un reality check duro.
Il rallentamento globale e la disillusione delle nuove generazioni
Più in generale esiste un rischio recessione globale. La guerra commerciale scatenata da Trump contro la Cina ha infatti avuto un impatto sulla manifattura che, a sua volta, ha avuto ricadute negative sulla collegata industria dei servizi. Ma non solo, a guardare la volatilità dei mercati, con la conseguenza che un americano su due afferma oggi di essere preoccupato per una recessione che potrebbe partire presto proprio dagli USA.
Questo stato di tensione, poi, non aiuterebbe gli investitori a fare le migliori scelte a protezione dei propri investimenti, come sottolineano gli esperti del colosso assicurativo Allianz, rischiando di avviare una spirale pericolosissima.
Curiosamente, la ricerca mette in risalto una differente percezione del rischio a livello generazionale considerato che i Millennials sembrano i meno preoccupati dalla cosa. Probabilmente perché i “più abituati agli alti e bassi del mercato”, sottolinea Kelly LaVigne, top manager di Allianz Life.
Nel frattempo, il ritmo di espansione del PIL globale è rallentato al 2,2% nel terzo trimestre, secondo le stime di Bloomberg. In un contesto geopolitico fragile che include, tra l’altro, le incognite della Brexit, le difficoltà della Germania nell’Unione Europea, le tensioni tra Stati Uniti e Iran, la guerra turco-siriana, i disordini ad Hong Kong nonché la nuova crisi argentina, “molto deve andare per il verso giusto” per evitare il peggio, sottolinea Tom Orlik, capo economista di Bloomberg Economics.
Il pragmatismo del FMI
Per questo, la nuova direttrice del Fondo Monetario, Kristalina Georgieva, invita a restare uniti: “Non ci sono vincitori in una guerra commerciale”, ha dichiarato nel suo discorso di insediamento. “L’effetto cumulativo dei conflitti commerciali potrebbe significare una perdita di circa 700 miliardi di dollari entro il 2020, pari a circa lo 0,8% del prodotto interno lordo. Come riferimento, si tratta all’incirca delle dimensioni dell’intera economia svizzera”. Quindi, ha esortato all’unità: “Dobbiamo lavorare insieme nel trovare una soluzione di lungo periodo” perché, spiega, “c’è bisogno di un reale cambiamento”. Infatti, “i danni provocati dall’attuale scenario seppur in previsione di una crescita a partire dal 2020 potrebbero avere ripercussioni su una intera generazione”. Intelligenti pauca.