Libera, liberissima traduzione delle parole di Draghi.
Se la politica deciderà che è meglio che io vada al Quirinale va bene, ma attenzione: la maggioranza che sostiene il mio governo dovrebbe votare compatta. E questo vale anche per chiunque altro candidato al Quirinale. Se, invece, ci fossero divisioni sarebbe poi arduo ricomporre questa maggioranza. Questo governo o il prossimo non reggerebbero e il rischio di elezioni anticipate sarebbe concreto.
Come un politico di lungo corso, Draghi è riuscito a non sbilanciarsi sul dilemma Palazzo Chigi-Quirinale. Ma tra le righe il senso delle sue parole pare essere questo.
La priorità per lui è che l’azione iniziata dal suo governo vada avanti fino al 2023 con questa maggioranza anche se ci fosse un altro Presidente del Consiglio. Ma la condizione perché questo avvenga è che il nuovo Capo dello Stato sia eletto da questa maggioranza, anche allargata.
Il centro destra fa capire che-almeno in prima battuta – non voterà per Draghi: Forza Italia, perché voterà per Berlusconi, la Lega perché vuole Draghi a Palazzo Chigi in sintonia con il mondo imprenditoriale, Fratelli d’Italia perché non riconosce al Presidente del Consiglio il requisito del “patriottismo”. Quanto alla sinistra i toni sono più sfumati: nessuno boccia Draghi ma nessuno apertamente avanza il suo nome, tutti insistono per la continuità dell’azione di governo Letta ha deciso che se ne parlerà a Gennaio.
A questo punto si possono immaginare alcuni scenari.
Né Draghi né Berlusconi saranno votati nei primi tre scrutini quando si richiede la maggioranza dei due terzi. Al quarto scrutinio, il centro destra, in tutto o in parte proverà formalmente a sostenere Berlusconi. Se il Cavaliere non dovesse farcela, il centro-destra non riuscirebbe ad eleggere nessun altro suo candidato e -ovviamente- farebbe muro contro un candidato della sinistra. Si dovrebbe cercare un nome superpartes, ma non ce ne sono molti in giro. E alla fine gli unici due nomi di garanzia sarebbero Mattarella e Draghi. Se Mattarella dovesse insistere nel suo rifiuto del secondo mandato non resterebbe che Draghi che dovrebbe essere votato da tutti i partiti dell’attuale maggioranza, altrimenti, eletto il Presidente e senza un governo solido, si andrebbe subito alle urne.