Prima ancora di iniziare, la partita del Quirinale si è già ingarbugliata.
Il clima che si respira lascia presagire più un gioco al massacro -con veti incrociati e imboscate nel voto segreto- che la ricerca di un ampio consenso. Sul tavolo, l’autocandidatura di Berlusconi e la sostanziale bocciatura del nome di Draghi da parte di Salvini che vuole il presidente del Consiglio ancora a Palazzo Chigi.
Se aggiungiamo le perplessità di Giorgia Meloni su Draghi, si può dire che per l’ex presidente della BCE -che non si è mai candidato a nulla- le porte del Colle più alto sono già chiuse.
Per ora l’ipotesi più probabile è che i primi tre scrutini non porteranno a nessun risultato. Al quarto Berlusconi si gioca le sue carte. Se non dovesse farcela, per colpa di franchi tiratori, si aprirebbe un regolamento di conti di tutti contro tutti difficile da governare.
Sul nome di Berlusconi incombono tre problemi: il sostanziale no della sinistra, Pd in testa, il più o meno garbato veto dei 5 Stelle e l’incertezza sulla tenuta del centro-destra.
Il Cavaliere avrà sicuramente già preso le sue contromisure per assicurarsi un consenso molto più ampio dei 506 voti che gli servono per essere eletto al quarto scrutinio. Ma nel segreto dell’urna, si sa, tutto può succedere. È lì che vecchie frizioni provano ad esprimersi stracciando qualsiasi impegno preso.
La sinistra, avendo detto no al candidato del centrodestra, si vedrebbe bocciare qualsiasi sua proposta.
Nel centrodestra i sostenitori di Berlusconi impedirebbero un altro candidato di quell’area che non avesse l’investitura del Cavaliere e si aprirebbe il baratro del sospetto: nessuno si fiderebbe più di nessuno.
In questo scenario chi potrebbe mai riuscire a fare il tessitore paziente del consenso sul successore di Mattarella?
Renzi freme dalla voglia di essere lui il kingmaker della partita. Ma la ruggine con Letta è talmente forte che il Pd non gli concederà la possibilità di farlo.
Si rischia così il blocco dell’operazione Quirinale.
Se non emergesse nessun nome capace di raccogliere i voti necessari, non resterebbe che una soluzione: i partiti dovrebbero chiedere a Mattarella la cortesia di accettare un secondo mandato.
Ipotesi ad oggi prematura ma da non escludere.