Le forze politiche sono chiamate ad una prova di grande responsabilità e saggezza.
Tirare in ballo il Presidente del Consiglio senza la certezza di una sua elezione a larghissima maggioranza sarebbe una scelta sbagliata; nefasto sarebbe bruciare il nome di Draghi gettandolo nella mischia e magari esponendolo ad estenuanti votazioni dall’esito incerto.
Draghi è -come si usa dire- un risorsa dalla Repubblica. La migliore che oggi abbiamo in campo. Non può perdere il prestigio e l’autorevolezza che stanno avendo effetti molto positivi sull’Italia. Un eventuale passo falso sarebbe un danno non solo alla sua persona ma anche al nostro Paese.
Il Presidente del Consiglio continua -come ha fatto da quando gli fu posta per la prima volta la domanda- evita di pronunciarsi sulla successione a Mattarella e sulla sua eventuale candidatura.
I motivi sono tre: il rispetto istituzionale per chi ancora ricopre l’incarico di Capo dello Stato, la volontà di portare avanti il suo compito a Palazzo Chigi fino a quando il Governo gode della fiducia del Parlamento, la convinzione che al Quirinale non ci si candida, ma si viene candidati da altri.
Su questa linea di saggio silenzio, Draghi ha anche ridotto le occasioni di incontri a tutto campo con la stampa, ben sapendo che sarebbero inevitabili domande sulla corsa al Colle e ha continuato la sua paziente opera di tessitura tra le forze di maggioranza per evitare strappi.
Per dirla in breve: se deve restare a Palazzo Chigi fino al 2023 deve poterlo fare godendo del consenso e dell’apprezzamento che gli sono stati tributati dal 14 febbraio in poi. Se, invece, i partiti decideranno che è lui il miglior successore di Mattarella, questo dovrà avvenire senza lacerazioni tra le forze politiche e sulla base di una convergenza la più ampia possibile.
Al momento l’unico che si è ufficialmente candidato è Berlusconi che sta tessendo la sua tela. Se il Cavaliere coronasse il suo sogno -anche senza i voti della sinistra- assicurerebbe a Draghi la stessa “copertura” istituzionale garantita da Mattarella e le elezioni anticipate non ci sarebbero. La fretta di alcuni partiti di andare al voto è la variabile indipendente che condizionerà le trattative dei partiti.