Il bilanciamento dei poteri è un meccanismo proprio di quei sistemi democratici ispirati al principio della separazione dei poteri così come teorizzato da Montesquieu nel XVII sec. Nella tradizione giuridica anglosassone lo stesso meccanismo è noto con l’espressione checks and balances, riferendosi ad un’ architettura istituzionale impostata su un sistema di controllo e bilanciamento incrociato e reciproco tra i poteri.
Nell’ordinamento italiano il tema del bilanciamento è particolarmente cogente. Già in Assemblea costituente la ferma convinzione di bandire l’assolutismo dalla vita del nostro Paese spinse i padri costituenti a meditare lungamente sugli equilibri istituzionali da affidare alla nuova Costituzione. L’intento era quello di evitare con ogni strumento il risorgere di poteri solitari e stabilire la persona come ragione e fine dell’azione politica. Un proposito per nulla semplice dal momento che, da una parte vi era la necessità di garantire la governabilità e, dall’altra, dare spazio ai nuovi diritti che da lì a poco sarebbero stati cristallizzati nella Carta costituzionale. In tal senso, i principi espressi nei primi articoli della Costituzione attribuiscono allo Stato e a ciascun cittadino importanti responsabilità. Non solo bilanciamento dei poteri, quindi, ma anche bilanciamento dei diritti, stante l’assenza di “diritti tiranni” sovraordinati ad altri.
Dalla nascita della Repubblica abbiamo assistito all’alternarsi della preminenza di fatto di un potere sull’altro. Il ruolo centrale del Parlamento è rimasto tale sino all’esplosione dell’uso della decretazione d’urgenza da parte del Governo che lo ha reso vero e proprio “signore delle leggi”; in seguito, la Magistratura ha generato un potere tale da influenzare la vita politica del Paese attraverso le attività inquirenti; da ultimo, la Corte costituzionale ha guadagnato un ruolo sempre più centrale nel tentativo di sopperire alla debolezza politica del Parlamento o del Governo. La pronuncia sul caso Cappato ne è un esempio come l’ordinanza con cui la Corte, dichiarando un’illegittimità preventiva, ha rinviato la decisione relativa all’ergastolo ostativo dando al Legislativo il tempo di un anno per intervenire, pena la dichiarazione di incostituzionalità della norma.
Sembra, infatti, che la facilità con cui l’organo legislativo demanda implicitamente alla Consulta la decisione – politica – sui temi più scottanti come i diritti, stia aprendo la strada ad un periodo di preminenza per la Corte costituzionale.
Il meccanismo è così affidato ad una bilancia mobile che, di volta in volta, vede l’alternarsi sui piatti di due poteri che dialogano – più o meno aspramente – fino a corroborarsi, perpetuando la tenuta degli equilibri democratici.