Il filosofo di riferimento della politica italiana è Eraclito di Efeso cui viene attribuito il famoso aforisma “tutto scorre e nulla sta fermo” che è la sintesi della filosofia di un divenire perenne in cui nulla è mai simile a sé stesso nel flusso di un continuo cambiamento.
La politica italiana è, probabilmente, la più mutevole che ci sia, nel novero delle democrazie pluralistiche occidentali. I partiti si fanno e disfano, con scissioni e strane riaggregazioni, cambiano i loro nomi e i simboli, cambiano le coalizioni dei governi e cambiano i rapporti tra i partiti. Ogni piccolo terremoto che riguardi una pedina dello scacchiere politico provoca sempre una serie di terremoti anche in altri partiti e il sistema cerca un nuovo inedito equilibrio ampiamente imprevedibile.
Uno dei cambiamenti più bruschi nelle relazioni partitiche è quello che sta riguardando il Pd e il M5s.
Inutile ricordare quante se ne siano dette nel corso degli ultimi 6-7 anni e con un crescendo continuo che è sfociato pure in abominevoli accuse come quella dei 5s contro il “partito di Bibbiano”.
Eppure la volatilità di queste, che sembravano condanne inappellabili o pregiudizi incrollabili, è stata elevatissima.
Nel volgere di Ferragosto, il clima arroventato tra il partito fondato da Grillo e quello guidato da Zingaretti è mutato radicalmente.
Nei cambiamenti noi italiani non abbiamo il senso della misura, per cui passiamo da un eccesso all’altro, dall’odio all’amore e viceversa.
E così abbiamo visto i due partiti che si trattavamo come nemici acerrimi diventare alleati di governo. Sulle prime la giustificazione era: c’è un nemico comune per giunta pericoloso e allora dobbiamo fare uno sforzo da entrambe le parti e metterci insieme per fermare i barbari alle porte.
Ma questo mutamento di umore e di clima, forzato dagli eventi, è andato rapidamente trasformandosi in qualcosa di diverso.
Il primo motivo di un passo avanti verso un’alleanza meno occasionale e più strategica è stato quello delle elezioni regionali e non solo in Umbria. Lo spettro di una sconfitta parallela del Pd e dei 5s e di una vittoria dilagante della destra ha indotto Di Maio e Zingaretti a progettare di estendere anche a livello locale l’alleanza nazionale seppur in forme diverse, come il ricorso a candidati indipendenti.
La facilità con cui in meno di due mesi si è passati da fronti opposti all’alleanza di governo nazionale e subito dopo anche a livello locale deve aver acceso luci di simpatia reciproca tra i due ex nemici. E ha fatto ipotizzare che i legami potessero essere anche più stretti.
Da acceleratore di questa reciproca inattesa liason è stata l’inattesa “operazione Renzi”, con la scissione e la fondazione di un nuovo partito. Da quel momento in poi Pd e 5s hanno capito che accanto al nemico numero 1, Salvini, c’era un potenziale avversario che oggi è formalmente alleato e che si chiama Italia Viva.
E i motivi per rafforzare la solidarietà tra Pd e 5s sono aumentati.
Le ultime voci della politica parlano di strateghi di Pd e 5s che lavorano ad una ipotesi di legge elettorale non più proporzionale ma maggioritaria a doppio turno non di collegio ma di coalizione.
La sostanza è questa: Pd e 5s stanno ipotizzando che i loro elettorati alla fine, depurati dai vari fuoriusciti, si possano trovare insieme a votare candidati dell’uno o dell’altro partito pur di non votare né i candidati di Salvini né quelli di Renzi.
L’ipotesi è suggestiva, avrà bisogno di lenta maturazione nelle barrique della politica anche per abituare i due elettorati a sentirsi sempre più vicini.
Essa introduce una nuova variabile nello scenario politico in meno di due mesi. Dal 20 agosto ad oggi abbiamo visto cadere il Governo gialloverde, nascere il governo giallorosso, la scissione nel Pd con la fondazione del nuovo partito di Renzi, l’estensione a livello locale dell’alleanza Pd-5s e la volontà dei due ex nemici, ora alleati, di diventare quasi fratelli e di progettare una legge elettorale che li veda uniti nel voto al secondo turno.
Beh non c’è di che annoiarsi.