Dal 1 gennaio il limite dell’uso del contante scende da 2.000 a 1.000 euro.
La norma, varata dal precedente Governo, deriva dall’art. 49 del d.lgs. 231 del 2007, intitolato alla “prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”, che correttamente prevede una “limitazione” (un divieto sarebbe contra legem ovviamente) ai trasferimenti di denaro contante e titoli al portatore tra soggetti diversi oltre una certa soglia.
L’esigenza del limite si manifestò sin dal 1991, quando la legge antiriciclaggio n. 197, la prima in Italia e all’avanguardia in Europa, si fece carico delle istanze provenienti dal mondo finanziario e investigativo, in quanto il contante aveva registrato un esponenziale ammontare di utilizzi a fini delinquenziali.
Erano gli anni bui del terrorismo e della metamorfosi delle mafie nostrane, che scoprivano il riciclaggio per spostare capitali di illecita creazione dal mercato criminale a quello legale. Infatti il limite venne fissato ai 20 milioni di lire, per arrivare al 2007, quando lo fissammo (chi scrive fece parte della Commissione redattrice del decreto 231) a 5.000 euro.
La situazione era già cambiata, e non in meglio. Si erano espansi i pagamenti alternativi al contante, e la criminalità di cui sopra aveva trovato in essi maggiore facilità e meno rischi di essere scoperta. Una valigetta di contante desta più sospetti di un bonifico o di una carta di credito. E il riciclaggio – documentato – attraverso questi strumenti è notevolmente più elevato.
Il massimale di 10.000 euro a livello UE per i pagamenti in contanti “è sufficientemente elevato da non delegittimare l’euro come moneta a corso legale e riconosce il ruolo essenziale del contante”.
Lo afferma la Commissione UE in un documento del 20 luglio scorso, che sinteticamente si intitola “sconfiggere la criminalità finanziaria”, e che contiene 4 proposte legislative in tal senso. Non è la prima pronuncia delle autorità europee in materia, e si unisce a quelle del Fmi, della Bce, dell’Ocse, dei governi della UE.
L”Autorità monetaria dell’UE, in particolare, ha anch’essa più volte “vietato” discriminazioni sul contante (sul sito istituzionale ci sono gli originali dei documenti di questi ultimi due anni, così che la fonte sia chiara).
Con due lettere indirizzate ai due governi antecedenti a questo, la Banca Centrale ammonì circa l’effettività dell’utilizzo del cash back , che non doveva mai sfavorire il contante rispetto ai pagamenti con carte. E, da ultimi, i pronuncia menti di Christine Lagarde e Fabio Panetta di due mesi fa circa, a proposito dell’euro digitale, che “ovviamente non potrà essere sostitutivo della moneta fisica”.
In particolare, merita attenzione una elaborazione della European House Ambrosetti del 2021, basata su dati World Bank e Banche centrali Nazionali, che vede l’Italia al 33 posto in una classifica di 35 paesi monitorati nel mondo per incidenza del denaro contante sul PIL nazionale (11,8%). La maggior parte di quelli sopra di noi ha una evasione fiscale minore. Che dire poi dei vari paesi UE (tra cui Germania e Austria) che hanno il contante “libero”: il loro sommerso non è nemmeno paragonabile al nostro. Ricordo che per “sommerso” si intende, semplificando, il quantum di redditi e capitali non dichiarati al fisco, giammai il riciclaggio, che – per definizione- va cercato nell’economia ufficiale.
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