Disporre di un’ampia maggioranza stavolta sarà più un problema che una soluzione per Draghi. Anche il suo governo avrà come vero banco di prova l’approvazione della legge di Bilancio. Presentata alle Camere con 3 settimane di ritardo, è già oggetto di desideri più o meno voluttuosi da parte delle forze di maggioranza e di strali durissimi delle opposizioni. Draghi dovrà mettere nel conto valanghe di emendamenti con le richieste più disparate che potrebbero costringere anche questo Governo alla pratica meno rispettosa del Parlamento: il maxiemendamento finale col voto di fiducia.
Non rimane molto tempo ai senatori, e soprattutto ai deputati, per esaminare i 219 articoli che contengono l’ossatura portante della politica economica del Governo per il 2022. Il Senato avrà circa un mese per discutere, emendare e votare il testo che passerà alla Camera nella settimana di Natale. Il voto finale deve tassativamente essere espresso entro il 31 dicembre. Chi si aspettava da questo Governo una innovazione di metodo sul provvedimento più importante di sua competenza è rimasto deluso.
Un rituale da rivedere
Ormai il rituale della sessione di Bilancio segna uno dei passaggi meno commendevoli della vita politica. Eppure della manovra si comincia a parlare il 10 aprile con il Def, Documento di Economia e Finanza, che viene aggiornato entro la fine di Settembre (Nadef) e un mese dopo, entro il 20 Ottobre, dà vita al Disegno di Legge di Bilancio che va in Gazzetta Ufficiale entro fine anno. 9 mesi di gestazione sono tanti per partorire poi in fretta e furia con un maxiemendamento e due voti di fiducia un testo illeggibile, una sorta di legge omnibus in cui c’è di tutto e la parte strutturale dei grandi interventi sull’economia e la società finisce per essere annacquata. Senza considerare che, a ruota, dopo la Legge di Bilancio, parte un altro omnibus chiamato decreto mille proroghe dove si infilano desideri non accolti nella manovra economica.
Insomma un carosello normativo e procedurale che non produce quasi mai leggi di buona qualità. Sarebbe il caso di rivedere questo meccanismo contorto e per giunta poco trasparente, dando al Parlamento più tempo per discutere i vari punti della manovra e votare mozioni di indirizzo al Governo prima che Palazzo Chigi presenti il suo testo che, a quel punto, dovrebbe essere non più emendabile. Prendere o lasciare. In fondo finisce per essere così anche oggi, ma in un modo offensivo per le camere. Tanto vale cambiare metodo.
Il Parlamento si prenda tutto il tempo necessario per dire al Governo quello che vorrebbe mettere dentro la Legge di Bilancio. Poi il Governo la scrive e su quel testo si gioca la sua sopravvivenza. 9 mesi sarebbero usati così molto meglio.