Nel corso degli ultimi decenni il numero di famiglie con un solo genitore è più che raddoppiato. Agli inizi degli anni ’80 le famiglie composte da un genitore solo e uno o più figli minori erano 468 mila. Attualmente sono circa un milione: significa che 1,4 milioni di bambini e ragazzi (il 14% dei minori) vive in nuclei monoparentali. Famiglie che nell’86,4% dei casi sono composte da madri sole, e che spesso affrontano le maggiori difficoltà economiche. In quasi 9 casi su 10 si tratta di nuclei con a capo una madre sola mentre, in base ai dati Istat, è più contenuto il numero dei padri soli con figli a carico (141mila, il 13,6% dei nuclei monogenitoriali).
Di conseguenza, 186mila bambini e ragazzi vivono con un padre solo e circa 1,2 milioni abitano con la madre. In quasi la metà di queste famiglie i figli sono almeno 2, e in 3/4 dei casi il figlio più piccolo ha meno di 14 anni. Dal momento che in Italia la povertà è strettamente collegata sia alla giovane età, sia al numero di figli in famiglia, questi dati – secondo Openpolis – segnalano una possibile fragilità per le famiglie monogenitoriali.
E alcuni indicatori, purtroppo, sembrano andare proprio in questa direzione. Queste famiglie affrontano più spesso della media gravi problemi economici e sociali. Ad esempio, sono quelle che dichiarano di avere le maggiori difficoltà ad arrivare a fine mese. Quasi il 12% dei nuclei monoparentali con almeno un figlio minore dichiara grandi difficoltà nel far quadrare il bilancio familiare. Aggiungendo il 22,7% che dichiara “difficoltà”, significa che oltre un terzo delle famiglie monogenitoriali ha problemi a raggiungere la fine del mese. Un dato superiore rispetto a tutte le altre tipologie familiari, in particolare quelle senza figli. E anche rispetto alle stesse coppie con figli, altrettanto duramente colpite dalla crisi economica.
Nelle famiglie monogenitoriali è anche più elevata l’incidenza della povertà assoluta. Si tratta della tipologia familiare che si trova con maggiore frequenza in povertà, seconda solo alle coppie con 3 o più figli. I nuclei monogenitoriali subiscono più spesso i fattori di disagio ed esclusione sociale. Minore possibilità di fare fronte ad imprevisti di natura economica, di riscaldare la casa in modo adeguato, di permettersi almeno una settimana all’anno lontani da casa.
Rischi che derivano anche da una condizione lavorativa più difficile e precaria, sintetizzata dall’indicatore di bassa intensità lavorativa. I dati raccontano alcune delle difficoltà che spesso le famiglie monogenitoriali si trovano ad affrontare.
Ma in quali aree del paese la loro presenza è più frequente?
I dati più interessanti a livello locale purtroppo risalgono al 2011, e sono stati raccolti con indicatori parzialmente diversi.
Eurostat ha rilevato questo dato nel corso del censimento europeo del 2011, provincia per provincia, calcolando la percentuale di famiglie monogenitoriali sul totale dei nuclei con almeno un figlio di età inferiore ai 25 anni. In base a questo indicatore, si nota come sia Roma il territorio con più famiglie monogenitoriali (13,9%), seguito dalla provincia di Savona (12,5%) e da quella autonoma di Bolzano (12,3%). Sopra la soglia del 12% anche un’altra provincia ligure, Imperia (12,1%).
A livello di divari interni alle singole regioni è interessante rilevare le forti differenze tra le province siciliane.
Nella parte orientale dell’isola il fenomeno sembra essere più frequente (Messina 10,5%; Catania 9,7%), mentre Agrigento (5,4%), Enna (5,7%) e Caltanissetta (6,4%) sono agli ultimi posti della classifica nazionale. Al contrario, tra le regioni con la maggior percentuale di famiglie monogenitoriali, è molto più omogeneo il dato della Liguria. In questa regione tutte le province sono al di sopra della soglia del 10%: Savona (12,5%), Imperia (12,1%), Genova (11,6%), La Spezia (10,4%). (Italpress)